Sabino Pignataro

domenica 12 giugno 2011

Khaled Hadadah: "Gli USA vogliono una nuova Sykes-Pycot"

«Le rivolte nei paesi arabi sono la certificazione della morte clinica dei regimi che li governano. E dove questo non accade è solo perché non ci sono alternative». Ad affermarlo è il segretario del Partito dei comunisti libanesi, Khaled Hadadah nel parlare di quanto avviene nell’area orientale del Mediterraneo. Per Hadadah, gli Usa lavoravano da tempo ad una nuova divisione del “Grande Medioriente”, «una nuova Sykes –Pycot, con l’obiettivo di frantumare gli stati nazionali. Hanno iniziato con l’Iraq, il Sudan, poi con la Libia… la Siria, e così via. Obama ha solo implementato questa strategia messa a punto negli anni del primo mandato Bush». Per il segretario del Pc libanese «né Obama, né gli Usa, né la Nato sono riusciti a capire la potenzialità presente nelle masse arabe. Per questa ragione Egitto e Tunisia hanno sorpreso i Paesi occidentali». Dopo l’esplosione delle proteste gli Usa hanno compreso che serviva una immediata controffensiva che ha preso corpo attraverso prima «un compromesso storico fra forze liberali e l’islam moderato come i Fratelli Musulmani». Questo sta accadendo in Tunisia e in Egitto. La fine di Bin Laden va in questa direzione. Poi, intensificando il ruolo “normalizzatore” dell’Arabia Saudita, come ad esempio in Barhein. E infine attraverso un vero e proprio accerchiamento e attacco militare, vedi la Siria e la Libia. Questa strategia è aiutata dalla natura stessa dei regimi, che in questi decenni hanno intensificato la repressione interna. In Siria la situazione è diversa. Infine il Libano: il Paese dei cedri «è l’anello debole di tutta la regione. Siamo senza un governo da mesi, il Parlamento non riesce a riunirsi, e tutto questo accade nell’apparente disinteresse del mio popolo. Questo accade perché da decenni gli accordi dentro il Libano sono frutto di accordi fra le potenze dell’area: Arabia Saudita, Siria, Iran Francia e Usa. Oggi l’instabilità generale impedisce questo accordo e noi restiamo appesi ad un filo sottilissimo che può spezzarsi in ogni momento. Ci sono rischi serissimi davanti a noi».