Un
viaggio letterario lungo le coste del Mediterraneo alla (ri)scoperta
di miti, racconti e leggende per costruire la storia dei venti: ecco
il percorso che il ricercatore e grande appassionato di mare Fabio
Fiori compie nel suo nuovo saggio "Ánemos. I venti del
Mediterraneo", che Mursia ha mandato in libreria,
in occasione della festa mondiale del vento promossa dall'Ewea,
l'associazione europea dell'energia eolica e dal Gwec, il Global Wind
Energy Council e organizzata in Italia da Anev, associazione
nazionale energia vento.
A partire dalla personale esperienza di velista e di studioso del mare, Fiori ricorda come in un diario di bordo i propri viaggi, lasciando però che siano i venti i veri protagonisti. Attraverso puntuali e precisi riferimenti alla letteratura, all’etimologia, alla storia, alla musica e alla mitologia si possono così sfogliare i petali che vanno a comporre la celebre rosa dei venti. A ognuno dei venti viene dedicato un capitolo nel quale, assieme a un’accurata analisi dei principali snodi storici e mitologici, riaffiorano rimandi all’arte e alla poesia di autori italiani: a esempio, Eugenio Montale, «il poeta più attento ai venti», oppure Salvatore Quasimodo al quale «il vento entra nel sangue» e, ancora, Umberto Saba che mal sopportava la Bora “chiara” quella che soffia rabbiosa nel cielo sereno e preferiva quella “scura” per la sua «buia violenza».
Navigando nelle pagine delle tradizioni si approda infine all’antica Grecia, dove il vento era ánemos, ovvero quell’inafferrabile e misterioso soffio, quell’unico «immutabile elemento dalla notte dei tempi» che ha permesso all’uomo antico, e permette ancora all’uomo moderno, di viaggiare e di estendere le proprie conoscenze.
A partire dalla personale esperienza di velista e di studioso del mare, Fiori ricorda come in un diario di bordo i propri viaggi, lasciando però che siano i venti i veri protagonisti. Attraverso puntuali e precisi riferimenti alla letteratura, all’etimologia, alla storia, alla musica e alla mitologia si possono così sfogliare i petali che vanno a comporre la celebre rosa dei venti. A ognuno dei venti viene dedicato un capitolo nel quale, assieme a un’accurata analisi dei principali snodi storici e mitologici, riaffiorano rimandi all’arte e alla poesia di autori italiani: a esempio, Eugenio Montale, «il poeta più attento ai venti», oppure Salvatore Quasimodo al quale «il vento entra nel sangue» e, ancora, Umberto Saba che mal sopportava la Bora “chiara” quella che soffia rabbiosa nel cielo sereno e preferiva quella “scura” per la sua «buia violenza».
Navigando nelle pagine delle tradizioni si approda infine all’antica Grecia, dove il vento era ánemos, ovvero quell’inafferrabile e misterioso soffio, quell’unico «immutabile elemento dalla notte dei tempi» che ha permesso all’uomo antico, e permette ancora all’uomo moderno, di viaggiare e di estendere le proprie conoscenze.
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