Sabino Pignataro

sabato 28 novembre 2009

La privatizzazione dell'acqua.

Il dossier di un’azienda multinazionale finlandese descrive così una regione italiana del centro: “facilità di penetrazione, costi d’insediamento minimi, zero conflittualità sociale”. Soprattutto, “poche obiezioni ecologiche”.

Il dramma non è solo lo scempio delle risorse, ma la nostra insensibilità alla rapina in atto. Abbiamo accettato di farci derubare. Siamo un popolo rassegnato, ed i signori delle risorse lo sanno perfettamente.
Sembra il Congo, invece è l'Italia.

I ricatti dell'eolico.

Gli emissari di una multinazionale dell’energia si presentano a un comune di cinquecento-mille abitanti. Offrono centomila euro l’anno per due o tre pale eoliche alte come grattacieli di trenta piani. Il sindaco al verde non ha alternative. Accetta. Per lui quelle pale sono il solo modo per pagare l’illuminazione pubblica e gli impiegati. La Regione e lo Stato non intervengono. In nome dell’emergenza energetica passano sopra a tutto, anche a un bene primario come il paesaggio. Risultato? Oggi la rete eolica italiana non è il risultato di un piano ma del caso. Segna come le pustole del morbillo i territori deboli, incapaci di contrattare.

mercoledì 25 novembre 2009

Salva radio radicale.

Incombe il pericolo dell'eliminazione della funzione pubblica assicurata dal 1976 da Radio Radicale. Dopo 33 anni che Radio Radicale, per generale riconoscimento, ha svolto e svolge un servizio pubblico senza precedenti e senza confronti possibili, si è forse sul punto di impedirle questa funzione, proprio nell'attuale contesto della comunicazione e della democrazia in Italia.
Per sapere cos'è stata radio radicale quarda questo video.
Firma perché viva Radio Radicale

domenica 15 novembre 2009

Il film Marock: sintesi del liberalismo in Marocco.

Tratto da Quaderni Radicali, articolo di Ahmed R. Benchemsi.


La produzione artistica di un paese racconta molto delle evoluzioni sociali e politiche che quel territorio sta affrontando. L’arte è lo strumento attraverso cui, nei secoli, le posizioni più evolute, spesso delegittimanti i poteri costituiti, hanno potuto trovare un terreno di espressione efficace e penetrante, sebbene dietro il velo del linguaggio delle immagini o della prosa letteraria, meno temuto dagli apparati. Un fenomeno che ben è rappresentato dalle vicende legate alla produzione, in Marocco, di una pellicola che descrive l’impeto di una giovane donna che si ribella agli stili ed ai dogmi dettati dai canoni sociali di un paese musulmano. Il film, sebbene sia stato fortemente contestato, è stato proiettato in alcune sale marocchine riscuotendo un discreto successo e determinando un dibattito acceso tra conservatori e progressisti. Al di là delle considerazioni che ciascuno potrà fare al termine della lettura di questo articolo, va rilevato, come dato inequivocabilmente positivo, che in quella terra una esperienza del genere sia stata comunque possibile. Ciò ci dice già molto di quanto sta avvenendo nel paese maghrebino che, grazie alla politica del giovane Mohammed VI, sta attraversando una delicata e interessante fase di trasformazione sociale. In Marocco, nel 2005 si è aperto un acceso dibattito tra progresso e oscurantismo. La disputa è stata portata alla luce dal film, Marock – un gioco di parole tra la parola francese Maroc e la musica rock – della giovane regista, Leila Marrakshi. Il film, a prescindere dalla sua qualità cinematografica, rompe ogni tabù non soltanto della società marocchina, ma anche di quella araba-musulmana in generale, riuscendo a riprodurre la divisione e la lotta interna tra “coloro che guardano all’avvenire e coloro che hanno le allucinazioni del passato (gli islamisti). Il dibattito tra oscurantismo e modernismo-progressismo non si riferisce pertanto soltanto al Marocco, ma riflette una disputa che in modo più o meno aperto, in maniera particolare da dopo gli attentati dell’11 Settembre negli Stati Uniti, si sta protraendo dal Nord Africa al Medio Oriente.
Il Marocco ha preso come pretesto il film Marock per portare alla luce il dibattito sul modernismo, che va avanti dalla sua indipendenza e forse da ancor prima. Dopo tutto, le voci dell’opposizione come Meh-di Ben Barka ci sono sempre state. Soprattuto in Nord Africa, culla della cultura riformatrice nel mondo arabo, che ha visto fiorire la poesia di Abu Nawas sull’amore bisessuale, e la crescita del sociologo Ibn Khaldun. Il Marocco, dopo anni di repressione interna, ha visto aumentare la libertà di espressione dopo la morte del Re Hassan II, e la presa di potere del figlio, Mohammed VI, che in questi ultimi anni ha dato la sua approvazione anche per riforme concernenti lo status femminile. Le libertà civili e di espressione continuano comunque a essere minacciate sia dalla monarchia sia dalla nuova ondata islamista. Nel 2007, il Marocco è andato a votare alle urne e il PJD, nonostante le aspettative occidentali, ha perso. Il problema del terrorismo e dell’integralismo però continua a sussistere. I quotidiani marocchini liberali si chiedono quale Marocco la popolazione vuole: quello del progresso o quello dell’oscurantismo. Fouad Laroui, uno dei più noti scrittori marocchini, racchiude il dibattito in una sola frase: “Esiste il Marocco che sogna e quello che ha ancora le visioni”.

A Napoli gli esperti del Mediterraneo.

pubblicato da videocomunicazioni

“L’Unione per il Mediterraneo un anno dopo” è il tema della conferenza internazionale che si è tenuta giorni fa a Napoli, presso l’Aula delle Mura Greche di Palazzo Corigliano, sede dell’Università l’Orientale. Nel corso dell’incontro, organizzato per redigere una sorta di bilancio di un anno di attività, sono intervenuti numerosi esperti, tra i quali il professor Biagio De Giovanni.
Due le tavole rotonde organizzate: una dedicata agli aspetti istituzionali e politici dell’Unione per il Mediterraneo, l’altra alla cooperazione economica dello spazio euro-mediterraneo. L’attenzione è stata focalizzata sia sulle criticità che sulle opportunità che si presentano a territorio campano nel nuovo scenario dell'UpM.

mercoledì 4 novembre 2009

Taraneh Mousavi.

Era una ragazza iraniana di 28 anni con i capelli neri e occhi verdi. Scmpare il 28 giugno di quest'anno. Viene arrestata insieme a dei manifestanti vicino alla moschea di Ghoba. Taraneh non stava partecipando alla manifestazione di protesta che si stava svolgendo lì vicino. Si stava recando al centro di formazione e bellezza (BTE) dove seguiva un corso. La sua bellezza ha attirato i poliziotti in borghese che l’hanno caricata insieme ad altri studenti manifestanti su una camionetta e portata al centro di detenzione. Tutti i detenuti sono stati smistati per il carcere di Evin o per la centrale di polizia di Nobonyad, mentre Taraneh è rimasta la sola nel centro di detenzione. Qui è stata stuprata ripetutamente e brutalmente dai poliziotti per diverse settimane. Da allora non se ne sa più niente.