Sabino Pignataro

sabato 17 ottobre 2009

Salvare da che?

Autore Teto
Torna il tempo del Sud. Ma attenzione alla gente che dice di voler fare le cose per il Sud. Il Sud non ha bisogno che qualcuno continui a (dire di) fare qualcosa “per” il Sud. Piuttosto forse è il mondo intero che ha bisogno di fare le cose “del” Sud, di cambiare facendo le cose “pensate dal Sud”.Il Sud non è malato, non è perennemente “arretrato”. Si, certamente è sempre nelle ultime posizioni nella classifica della gara competitiva del progresso, della ricchezza calcolata da quel ridicolo PIL. Torna il tempo del Sud e purtroppo ce ne accorgiamo anche dal fatto che proliferano le iniziative politiche ed economiche che inseriscono la parola Sud nei loro titoli (fa molto appeal) e proclamano ricette “per” il Sud, per salvare il Sud. Salvare da che? E’ questo il punto! Per non retrocedere nel campionato dell’iperproduzione, del consumismo e della corsa al progresso (?) nessun sud del mondo potrà mai allenarsi abbastanza. Non basteranno mai i dopaggi politici e finanziari e presto, rimasti nelle ultime file, torneranno per noi le flebo. Chi l’ha detto che quella è la strada della civiltà mondiale? Non bastano forse i dati di crisi di sistema mondiale che raccogliamo negli ultimi anni? Dove ci porta il modello occidentale? Dove porta il pianeta, dov’è la nostra felicità, il nostro futuro? Siamo pieni di oggetti, di strass, di luci artificiali e vuoti di speranze, di certezze, di curiosità, di serenità, di amore, di semplicità. La corsa all’inseguimento della velocità fine a se stessa ci sradica e porta via con se il tempo per gustare l’esperienza che è il patrimonio dell’umanità.Siamo sotto flebo dall’unità d’Italia, chissà come mai. Pura coincidenza? Fino ad allora era il Mediterraneo il cuore geo-culturale del mondo. Il Regno delle due Sicilie era di gran lunga più ricco del nord e per ricchezza intendo non solo quella dell’oro e delle merci, ma anche quella culturale, artistica, di civiltà e pensiero. Prima ancora c’era la Roma imperiale, la Grecia, l’Egitto. Il Sud è continuamente messo in soggezione economica e simbolica. Viene regolarmente saccheggiato dal di dentro. E, cosa assai più triste, rischia di vedersi definitivamente saccheggiata la propria identità. Ci hanno convinti di essere arretrati, mafiosi e, quando va bene (con un piglio di sfrontatezza) ci definiscono simpatici, solari, folkloristici insomma. Siamo i giullari di qualcuno e il nostro meraviglioso posto nella terra, un luna park per turisti che ci lanciano le monetine tra le sbarre di gabbie invisibili.Scusate la rabbia, anzi no, non chiedo scusa, perché la rabbia è una reazione tipica di chi sente minacciato il proprio patrimonio genetico del Sud. La rabbia, l’onore e il coraggio sono alcuni dei nostri archetipi che stiamo perdendo sotto l’effetto di quelle flebo drogate. Ma rischiamo di perdere completamente il valore della nostra identità che può segnare la strada non solo al Sud, ma soprattutto a ciò che Sud non è. Ma le flebo hanno sottolineato tanti altri nostri archetipi che virtù non sono: omertà, individualismo, esterofilia. Sono questi i lacci con i quali ci imbrigliamo da soli. Lungi da me a sollevare integralismi del Sud. Il Sud ha bisogno del mondo, perfino della cultura del nord e dell’occidente. Ma soprattutto ha bisogno di tornare a credere nelle proprie forze, nelle proprie ricchezze e soprattutto nello stile di vita che gli è più congeniale.

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