Sabino Pignataro

sabato 29 maggio 2010

Lettera aperta a Guglielmo Epifani.


foto di marco prete da flickr
tratto da Liberazione del 28/05/10
Salve Signor Epifani, io vivo nel paese dove lei spesso viene perché vi risiede la sua famiglia. Le scrivo non certo per dettarle strategie sindacali o per contestarle quelle che lei applica, solo per dirle cosa vedo. Non ho neanche il diritto di contestare la linea sindacale della sua organizzazione, visto che non sono mai stato iscritto, anzi nel 1996 ho fondato insieme a Gigi Malabarba, Luigia Pasi e altri compagni il Sin.Cobas, perché la classe operaia era già in perdita di diritti. Nella azienda dove lavoravo, io come delegato Sin Cobas avevo il 54% dei voti, abbiamo fatto una politica di classe, con pochi punti fermi, la non tollerabilità dei contratti a tempo determinato, la distribuzione di una minima parte del ricavato aziendale (premio di produzione), la difesa dei diritti inalienabili e una piattaforma di sanatoria ambientale. La mia azienda era una Multinazionale Chimica, che trattava prodotti tossico-nocivi, una azienda costruita con un mutuo finanziato dal comune di Cannara, che al momento della chiusura (grottesco) è stata rivenduta dalla Multinazionale Ferro ad un ente chiamato Sviluppumbria ora privatizzato. Nell’aprile 2003, aprendo il mio terminale collegato con gli stabilimenti di 22 nazioni, mi sono accorto che le ricette per i coloranti che inventavamo e producevamo nel mio stabilimento venivamo copiate e trasferite altrove. Da lì è iniziata una lotta durata 6 mesi, autogestita dai lavoratori. Il sindacato ci ha accompagnato alla chiusura, nonostante 10 miliardi di utile e in presenza di acquirenti. Ora abbiamo, a 7 anni di distanza, uno stabilimento non bonificato, lasciato all’abbandono. Con la mia liquidazione, dopo 17 anni di lavoro, ho messo su un negozio, io lo chiamo laboratorio, che riesce a sopravvivere perché si rivolge ad un mercato di “nicchia” e basato su stampa di piccola tiratura ma di alta qualità. Intorno alla mia attività, a conduzione famigliare e che insiste in un area industriale molto grande (Bastia Umbra), ci sono molte attività che stanno chiudendo, altre che si riducono e un industria che va avanti da 10 anni con contratti interinali di 3 mesi. Dovrebbe vedere le facce degli operai quando escono. L’unica cosa che si vede sorgere sono i centri commerciali e i negozi in franchising, che costringono alla chiusura i piccoli commercianti, per poi sparire dopo due o tre anni. Ieri sera ho seguito la trasmissione Ballarò, nonostante trovi molta difficoltà a tollerare le idiozie di esponenti del governo che salveranno la crisi trovando i falsi invalidi e i fannulloni nella pubblica amministrazione, così dicono, mentre nella realtà faranno pagare il costo della manovra ai soliti noti, difendendo i privilegi di altrettanti soliti noti (ignoti per il fisco). Ho sentito una sua frase che sicuramente chiunque condivide, perfino le mie figlie capiscono che i loro genitori lavorano 10 ore e vivono in un garage mentre c’è chi gode di ricchezze a volte neanche calcolabili e questa è una iniquità. La frase è “non si può far pagare chi già vive sotto una certa soglia”. E’ uno slogan bellissimo ma non crede che ci sia bisogno di altro, di ripensare ad una società diversa, di chiedere il sostegno dei lavoratori e dei cittadini per proporre leggi che vietino alle multinazionali di rubare conoscenze per poi trasferirle dove il costo di lavoro è minore, non pensa che bisognerebbe fare delle politiche volte al mantenimento del tessuto sociale. Nel Paese dove abito io e la sua famiglia, vi erano 50 negozi ora abbiamo un centro storico morto.
In un'altra area (Ospedalicchio) i terreni della Regione invece di essere venduti agli artigiani sono stati venduti all’Unipol, così gli acquirenti hanno visto lievitare il costo.
Non crede che la strategia di ridurre il danno sia ormai superata e che invece occorra una nuova stagione di lotte, per rivendicare la redistribuzione equa della ricchezza, contestare la globalizzazione in quanto libero mercato a danno della dignità umana. Non entro in temi prettamente sindacali, che a lei sicuramente vengono alla mente meglio che a me, quelli del tipo: riduzione di orario a parità di salario, la scala mobile, la non ripetibilità di contratti a tempo determinato, etc etc.
Un ultima cosa, è chiaro che per mettere in campo una nuova stagione di lotte contro il palazzo, i palazzi e la casta, bisogna esserne fuori. E’ difficile combattere contro se stessi.
Un Cordiale Saluto.

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