Sabino Pignataro

giovedì 31 dicembre 2009

III Forum Economico del Mediterraneo.

Confindustria, ICE e ABI, in collaborazione con l’Unione degli Industriali e delle imprese di Roma e sotto l’egida dei Ministeri dello Sviluppo Economico e degli Affari Esteri, organizzano il II Forum Economico del Mediterraneo.L’Iniziativa, che si terrà a Roma il prossimo 25-26 febbraio, rappresenterà la seconda edizione del Forum Economico realizzato a Palermo nel 2006 e vedrà la partecipazione di vertici imprenditoriali e rappresentanti di Associazioni ed istituzioni provenienti da 13 Paesi della sponda sud del Mediterraneo (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Israele, Siria, Giordania, Palestina, Libano, Turchia, Cipro e Malta).


IL FORUM ECONOMICO DEL MEDITERRANEO


Il programma dell’iniziativa prevederà la realizzazione di un Business Forum a carattere istituzionale, durante il quale interverranno i vertici delle istituzioni organizzatrici, e di workshop settoriali dedicati ai seguenti settori:• acqua (depurazione, desalinizzazione, irrigazione, utilities, infrastrutture)• energia• hi tech• logistica e distribuzione
Verrà inoltre organizzata una sessione di incontri bilaterali tra imprese italiane e mediterranee. Tali incontri interesseranno tutti i comparti industriali.
L’ECONOMIA DEL MEDITERRANEO


Il II Forum economico del Mediterraneo intende individuare ulteriori forme di cooperazione ed investimento, a supporto della nostra presenza nell’Area, nonché promuovere le caratteristiche del territorio italiano e stimolare i paesi del Mediterraneo ad investire maggiormente nel nostro Paese. Si allega una prima bozza di programma dell’iniziativa.
La scheda di adesione al Forum, l’elenco delle aziende straniere ed i relativi profili, verranno diffusi a fine gennaio 2010.
Per informazioni rivolgersi a:Area Relazioni Esterne e Internazionali – Unione degli Industriali di Romatel. 06 84499305-452-453fax. 06 8540655

domenica 27 dicembre 2009

Festival Città Mediterraneo

Siglato un accordo fra Ministero Economia, Bassolino e Lombardo
Il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, e il presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, hanno siglato un accordo con per la realizzazione del "Festival delle Città del Mediterraneo" nell'arco del prossimo biennio 2010-2012.
La programmazione del festival e tutte le iniziative culturali, formative e sociali ad esso collegate si svolgerà prevalentemente tra Napoli e a Palermo, coinvolgendo inoltre le principali città dei Paesi delle sponde Nord e Sud del Mediterraneo (Marocco, Libano, Tunisia, Turchia, Spagna, Francia, Grecia, Egitto, Cipro, Siria), attraverso attività e manifestazioni rappresentative dei rispettivi sistemi produttivi, economici, culturali, artistici.
Saranno messe in campo azioni di partenariato, sviluppo, formazione, promozione turistica, di internazionalizzazione e di comunicazione. In particolare, per la promozione turistica saranno svolte attività di co-marketing e di integrazione dei flussi turistici, con particolare attenzione al potenziamento delle strutture d'accoglienza.
"La firma dell'accordo con le Regioni Campania e Sicilia - ha dichiarato il ministro Scajola - rappresenta un'altra grande iniziativa di questo governo per rendere il Sud dell'Italia capofila nella valorizzazione delle risorse artistiche, culturali e dei prodotti locali di tutti i paesi del Mediterraneo in una logica sinergica tra istituzioni nazionali e regionali, che potrebbe essere adottata a modello per altri settori e iniziative. La creazione di forti legami con i popoli che si affacciano sul Mediterraneo sarà inoltre la base di partenza per il raggiungimento dell'obiettivo molto più ambizioso di dare vita ad una politica mediterranea unitaria e condivisa".
Fonte: http://campania.travelnostop.com/news.aspx?id=71372
Fonte: http://sicilia.travelnostop.com/news.aspx?id=71372

Ostuni Città dei Bambini del Mediterraneo.

Mettete le favole nei vostri cannoni. Video dedicato alla "Settimana dei bambini del Mediterraneo" che si svolge ogni anno ad Ostuni ed in altri Comuni del Salento, nel mese di Ottobre. Realizzato dalla Scuola di Pace di Roma, materiale video e fotografico di Italo Cassa. info:

www.lascuoladipace.org

www.cittaperibambini.org

sabato 28 novembre 2009

La privatizzazione dell'acqua.

Il dossier di un’azienda multinazionale finlandese descrive così una regione italiana del centro: “facilità di penetrazione, costi d’insediamento minimi, zero conflittualità sociale”. Soprattutto, “poche obiezioni ecologiche”.

Il dramma non è solo lo scempio delle risorse, ma la nostra insensibilità alla rapina in atto. Abbiamo accettato di farci derubare. Siamo un popolo rassegnato, ed i signori delle risorse lo sanno perfettamente.
Sembra il Congo, invece è l'Italia.

I ricatti dell'eolico.

Gli emissari di una multinazionale dell’energia si presentano a un comune di cinquecento-mille abitanti. Offrono centomila euro l’anno per due o tre pale eoliche alte come grattacieli di trenta piani. Il sindaco al verde non ha alternative. Accetta. Per lui quelle pale sono il solo modo per pagare l’illuminazione pubblica e gli impiegati. La Regione e lo Stato non intervengono. In nome dell’emergenza energetica passano sopra a tutto, anche a un bene primario come il paesaggio. Risultato? Oggi la rete eolica italiana non è il risultato di un piano ma del caso. Segna come le pustole del morbillo i territori deboli, incapaci di contrattare.

mercoledì 25 novembre 2009

Salva radio radicale.

Incombe il pericolo dell'eliminazione della funzione pubblica assicurata dal 1976 da Radio Radicale. Dopo 33 anni che Radio Radicale, per generale riconoscimento, ha svolto e svolge un servizio pubblico senza precedenti e senza confronti possibili, si è forse sul punto di impedirle questa funzione, proprio nell'attuale contesto della comunicazione e della democrazia in Italia.
Per sapere cos'è stata radio radicale quarda questo video.
Firma perché viva Radio Radicale

domenica 15 novembre 2009

Il film Marock: sintesi del liberalismo in Marocco.

Tratto da Quaderni Radicali, articolo di Ahmed R. Benchemsi.


La produzione artistica di un paese racconta molto delle evoluzioni sociali e politiche che quel territorio sta affrontando. L’arte è lo strumento attraverso cui, nei secoli, le posizioni più evolute, spesso delegittimanti i poteri costituiti, hanno potuto trovare un terreno di espressione efficace e penetrante, sebbene dietro il velo del linguaggio delle immagini o della prosa letteraria, meno temuto dagli apparati. Un fenomeno che ben è rappresentato dalle vicende legate alla produzione, in Marocco, di una pellicola che descrive l’impeto di una giovane donna che si ribella agli stili ed ai dogmi dettati dai canoni sociali di un paese musulmano. Il film, sebbene sia stato fortemente contestato, è stato proiettato in alcune sale marocchine riscuotendo un discreto successo e determinando un dibattito acceso tra conservatori e progressisti. Al di là delle considerazioni che ciascuno potrà fare al termine della lettura di questo articolo, va rilevato, come dato inequivocabilmente positivo, che in quella terra una esperienza del genere sia stata comunque possibile. Ciò ci dice già molto di quanto sta avvenendo nel paese maghrebino che, grazie alla politica del giovane Mohammed VI, sta attraversando una delicata e interessante fase di trasformazione sociale. In Marocco, nel 2005 si è aperto un acceso dibattito tra progresso e oscurantismo. La disputa è stata portata alla luce dal film, Marock – un gioco di parole tra la parola francese Maroc e la musica rock – della giovane regista, Leila Marrakshi. Il film, a prescindere dalla sua qualità cinematografica, rompe ogni tabù non soltanto della società marocchina, ma anche di quella araba-musulmana in generale, riuscendo a riprodurre la divisione e la lotta interna tra “coloro che guardano all’avvenire e coloro che hanno le allucinazioni del passato (gli islamisti). Il dibattito tra oscurantismo e modernismo-progressismo non si riferisce pertanto soltanto al Marocco, ma riflette una disputa che in modo più o meno aperto, in maniera particolare da dopo gli attentati dell’11 Settembre negli Stati Uniti, si sta protraendo dal Nord Africa al Medio Oriente.
Il Marocco ha preso come pretesto il film Marock per portare alla luce il dibattito sul modernismo, che va avanti dalla sua indipendenza e forse da ancor prima. Dopo tutto, le voci dell’opposizione come Meh-di Ben Barka ci sono sempre state. Soprattuto in Nord Africa, culla della cultura riformatrice nel mondo arabo, che ha visto fiorire la poesia di Abu Nawas sull’amore bisessuale, e la crescita del sociologo Ibn Khaldun. Il Marocco, dopo anni di repressione interna, ha visto aumentare la libertà di espressione dopo la morte del Re Hassan II, e la presa di potere del figlio, Mohammed VI, che in questi ultimi anni ha dato la sua approvazione anche per riforme concernenti lo status femminile. Le libertà civili e di espressione continuano comunque a essere minacciate sia dalla monarchia sia dalla nuova ondata islamista. Nel 2007, il Marocco è andato a votare alle urne e il PJD, nonostante le aspettative occidentali, ha perso. Il problema del terrorismo e dell’integralismo però continua a sussistere. I quotidiani marocchini liberali si chiedono quale Marocco la popolazione vuole: quello del progresso o quello dell’oscurantismo. Fouad Laroui, uno dei più noti scrittori marocchini, racchiude il dibattito in una sola frase: “Esiste il Marocco che sogna e quello che ha ancora le visioni”.

A Napoli gli esperti del Mediterraneo.

pubblicato da videocomunicazioni

“L’Unione per il Mediterraneo un anno dopo” è il tema della conferenza internazionale che si è tenuta giorni fa a Napoli, presso l’Aula delle Mura Greche di Palazzo Corigliano, sede dell’Università l’Orientale. Nel corso dell’incontro, organizzato per redigere una sorta di bilancio di un anno di attività, sono intervenuti numerosi esperti, tra i quali il professor Biagio De Giovanni.
Due le tavole rotonde organizzate: una dedicata agli aspetti istituzionali e politici dell’Unione per il Mediterraneo, l’altra alla cooperazione economica dello spazio euro-mediterraneo. L’attenzione è stata focalizzata sia sulle criticità che sulle opportunità che si presentano a territorio campano nel nuovo scenario dell'UpM.

mercoledì 4 novembre 2009

Taraneh Mousavi.

Era una ragazza iraniana di 28 anni con i capelli neri e occhi verdi. Scmpare il 28 giugno di quest'anno. Viene arrestata insieme a dei manifestanti vicino alla moschea di Ghoba. Taraneh non stava partecipando alla manifestazione di protesta che si stava svolgendo lì vicino. Si stava recando al centro di formazione e bellezza (BTE) dove seguiva un corso. La sua bellezza ha attirato i poliziotti in borghese che l’hanno caricata insieme ad altri studenti manifestanti su una camionetta e portata al centro di detenzione. Tutti i detenuti sono stati smistati per il carcere di Evin o per la centrale di polizia di Nobonyad, mentre Taraneh è rimasta la sola nel centro di detenzione. Qui è stata stuprata ripetutamente e brutalmente dai poliziotti per diverse settimane. Da allora non se ne sa più niente.

venerdì 30 ottobre 2009

Il più grande parco solare mediterraneo è italo-giordano.

Situato nel sud della Giordania, Shams Ma’an si estenderà su un’area di 2 km quadrati e attraverso 360mila pannelli solari produrrà 168.100 megawattora (MWh) di energia pulita, un fabbisogno di 60mila famiglie. Il progetto nasce dalla partnership tra l’italiana Solar Ventures con le società giordane Kawar Energy e First Internaitonal for Investment and Trade. A Milano è stato firmato l’accordo per l’acquisizione del terreno e la costruzione della centrale davanti al re Abdullah II di Giordania, in visita ufficiale in Italia. Il parco fotovoltaico sorgerà nel sud del paese, nei pressi della città di Ma’an, e alimenterà in primo luogo l’adiacente area industriale. «E’ una zona perfetta ha commentato Sauro Mostarda, responsabile del progetto per Solar Ventures, perché è assolata e secca, ma diversamente dalle regioni desertiche non c’è la sabbia, che graffia i moduli». I primi 10 megawatt di picco (MWp, che indicano la potenza nominale di una centrale) saranno costruiti entro la fine del 2010, per poi arrivare a 100 MWp nel 2012. Anche se l’area a disposizione permetterà in prospettiva di estendersi fino a 200MWp. «In realtà il progetto complessivo per quella zona è più vasto, non riguarda solo l’energia rinnovabile. È un’operazione di sviluppo locale che comprenderà anche un polo tecnologico e un’area residenziale», spiega Mostarda. Nell'occasione, il re giordano ha preannunciato, entro fine anno, l’adozione di una legge per incentivare le rinnovabili. Il governo di Amman – nel tentativo di accrescere la propria indipendenza energetica – sta infatti puntando su solare ed eolico.

I giovani industriali: il Mezzogiorno porta del Mediterraneo.

Il convegno di Capri torna a porre al centro del dibattito il ruolo e l’importanza che «dovrebbe avere» il Mezzogiorno d’Italia nel Me­diterraneo. Dovrebbe , perché fino a oggi, come ricorda il presidente dei Giovani industriali della Campania, Mauro Maccauro, «nonostante le nu­merose parole profferte sul tema, di risultati concreti se ne sono visti po­chini».
Il canovaccio su cui si dipanerà la XXIV edizione della convention degli imprenditori under 40 di Confindu­stria (Mediterraneo: dall’Europa al Golfo, la rotta versso nuovi orizzon­ti) era già noto da tempo. Allo stesso modo era già noto il programma e il panel dei relatori. Il 30 e 31 ottobre sull’isola Azzurra, all’hotel Quisisa­na, è infatti prevista, tra gli altri, la presenza del presidente della Camera Gianfranco Fini, dei ministri dell’Eco­nomia Giulio Tremonti e dell’Interno Roberto Maroni, del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, del deputato del Pd Walter Veltroni. Un appuntamento che, proprio per l’argomento che affronta, propone, inoltre, la partecipazione di molte e qualificate figure istituzionali inter­nazionali legate ai territori che si af­facciano sulle aree di interesse dei di­battiti. Tra questi, solo per citarne al­cuni, il presidente dei Giovani im­prenditori arabi Rami Makhzouni ospite di una cena con i giovani im­prenditori campani nella serata di giovedì e l’ex ministra della Giustizia francesce, Rachida Dati. Secondo i dati forniti ieri, quando è stata presentata ufficialmente la kermesse, nel bacino del Mediterra­neo sono presenti e operano circa mille aziende italiane che, ha prose­guito Maccauro, «hanno bisogno di migliori condizioni per essere compe­titive con aziende di Paesi come la Ci­na, la Corea, la Francia, la Spagna, la Germania e non essere seconde a nes­suno».
I Giovani imprenditori campa­ni chiedono una «nuova strategia di sviluppo»: una linea d’azione «che vada al di là delle sole considerazioni industriali e commerciali». Il Mezzo­giorno, insomma, sia la vera porta sul Mediterraneo, anche dal punto di vista sociale e culturale (attraverso le molte Università presenti al Sud, con l’obiettivo di attrarre i giovani degli altri Paesi). «Il nostro auspicio — ha detto an­cora il successore di Carmen Verdero­sa — è quello di riuscire a sensibiliz­zare il Governo e le istituzioni del Mezzogiorno a cogliere le nuove op­portunità che questi Paesi possono offrire» .

domenica 25 ottobre 2009

In Spagna bastano 15 euro al mese per comprare casa.

Marinaleda, 3.000 abitanti, un paesino come ce ne sono a centinaia nelle grandi distese di uliveti ad est di Siviglia. Marinaleda è però l’unico posto, non solo in Andalusia ma anche in Spagna e forse oltre confine, dove si può comprare o prendere in affitto una casa con 15 euro al mese. Il Comune, che ha un sindaco eletto da trent’anni, ha avviato uno straordinario progetto di solidarietà. Una casa che ti costruisci da solo, o meglio, insieme ai tuoi concittadini, con alcuni operai specializzati pagati dal comune, su un territorio legalmente espropriato al Duque del Infantado (latifondista quattro volte Grande di Spagna), circa 1200 ettari trasformati in zona municipale e poi tratti in concessione e messi a disposizione del popolo di Marinaleda per creare progresso e ricchezza. Il tutto diventerà tuo tra 133 anni (per evitare la speculazione edilizia che vive sull’immediatamente tangibile) e nel frattempo ti dai da fare, lavori e costruisci. E non è tutto. Il comune fornisce anche i materiali, i progetti, un architetto e la possibilità di ampliare la casa in seguito senza bisogno di condoni edilizi. Perché la casa è un diritto, non una mercanzia. E così, mentre la Spagna è bloccata dalla speculazione edilizia e dalla crisi finanziaria, i cantieri languono e il Real Madrid va a perdere in casa col Milan, qui, a 100 km da Siviglia, tutto è messo a disposizione del popolo realizzando un’utopia politica che si trasforma necessariamente in virtù sociale. Questa quarta dimensione, infatti, è stata possibile grazie anche alla trasparenza dei bilanci comunali, discussi addirittura in pubblico, alla vita dei campi dove si lavora sodo ed alle strade riempite da cantieri dove si costruisce sin dagli anni ‘80 realizzando, oltre alle quasi 400 case, una cooperativa agricola, un oleificio, una fabbrica e la garanzia di 49 euro a giornata per tutti, qualunque lavoro essi facciano.

sabato 17 ottobre 2009

Salvare da che?

Autore Teto
Torna il tempo del Sud. Ma attenzione alla gente che dice di voler fare le cose per il Sud. Il Sud non ha bisogno che qualcuno continui a (dire di) fare qualcosa “per” il Sud. Piuttosto forse è il mondo intero che ha bisogno di fare le cose “del” Sud, di cambiare facendo le cose “pensate dal Sud”.Il Sud non è malato, non è perennemente “arretrato”. Si, certamente è sempre nelle ultime posizioni nella classifica della gara competitiva del progresso, della ricchezza calcolata da quel ridicolo PIL. Torna il tempo del Sud e purtroppo ce ne accorgiamo anche dal fatto che proliferano le iniziative politiche ed economiche che inseriscono la parola Sud nei loro titoli (fa molto appeal) e proclamano ricette “per” il Sud, per salvare il Sud. Salvare da che? E’ questo il punto! Per non retrocedere nel campionato dell’iperproduzione, del consumismo e della corsa al progresso (?) nessun sud del mondo potrà mai allenarsi abbastanza. Non basteranno mai i dopaggi politici e finanziari e presto, rimasti nelle ultime file, torneranno per noi le flebo. Chi l’ha detto che quella è la strada della civiltà mondiale? Non bastano forse i dati di crisi di sistema mondiale che raccogliamo negli ultimi anni? Dove ci porta il modello occidentale? Dove porta il pianeta, dov’è la nostra felicità, il nostro futuro? Siamo pieni di oggetti, di strass, di luci artificiali e vuoti di speranze, di certezze, di curiosità, di serenità, di amore, di semplicità. La corsa all’inseguimento della velocità fine a se stessa ci sradica e porta via con se il tempo per gustare l’esperienza che è il patrimonio dell’umanità.Siamo sotto flebo dall’unità d’Italia, chissà come mai. Pura coincidenza? Fino ad allora era il Mediterraneo il cuore geo-culturale del mondo. Il Regno delle due Sicilie era di gran lunga più ricco del nord e per ricchezza intendo non solo quella dell’oro e delle merci, ma anche quella culturale, artistica, di civiltà e pensiero. Prima ancora c’era la Roma imperiale, la Grecia, l’Egitto. Il Sud è continuamente messo in soggezione economica e simbolica. Viene regolarmente saccheggiato dal di dentro. E, cosa assai più triste, rischia di vedersi definitivamente saccheggiata la propria identità. Ci hanno convinti di essere arretrati, mafiosi e, quando va bene (con un piglio di sfrontatezza) ci definiscono simpatici, solari, folkloristici insomma. Siamo i giullari di qualcuno e il nostro meraviglioso posto nella terra, un luna park per turisti che ci lanciano le monetine tra le sbarre di gabbie invisibili.Scusate la rabbia, anzi no, non chiedo scusa, perché la rabbia è una reazione tipica di chi sente minacciato il proprio patrimonio genetico del Sud. La rabbia, l’onore e il coraggio sono alcuni dei nostri archetipi che stiamo perdendo sotto l’effetto di quelle flebo drogate. Ma rischiamo di perdere completamente il valore della nostra identità che può segnare la strada non solo al Sud, ma soprattutto a ciò che Sud non è. Ma le flebo hanno sottolineato tanti altri nostri archetipi che virtù non sono: omertà, individualismo, esterofilia. Sono questi i lacci con i quali ci imbrigliamo da soli. Lungi da me a sollevare integralismi del Sud. Il Sud ha bisogno del mondo, perfino della cultura del nord e dell’occidente. Ma soprattutto ha bisogno di tornare a credere nelle proprie forze, nelle proprie ricchezze e soprattutto nello stile di vita che gli è più congeniale.

mercoledì 9 settembre 2009

La sessualità femminile nel Mediterraneo.

La nostra sessualità è una parte importantissima della nostra vita privata e sociale insieme. Come vive la propria sessualità una donna, una ragazza che vive in questa parte del mondo? Quali sono i limiti e le libertà che si possono riscontrare oggi? Come affrontare il discorso dell'emancipazione? Cosa scrivono le donne sulla propria sessualità? E l'arte e il cinema, la musica e l'economia? Come difendersi dagli abusi sessuali?
Una miriade di domande che nascevano una dopo l'altra pensando all'argomento, a quello che ognuno di noi ha visto, letto o ha sentito in prima persona. La sessualità fa parte della più visibile sensualità della donna mediterranea. Però, forse, in questi ultimissimi tempi ha perso il suo smalto, per apparire solo nella parte più pubblicitaria. Ossia la sensualità esprime sessualità, che a sua volta serve a far scaturire interesse. Questa attenzione del pubblico viene usata per vendere qualsiasi cosa. In primo luogo la moda, e diciamo che è naturale che sia così, ma ci sono gli Yogurt, le scarpe, gli occhiali e tanti altri prodotti.Questo è solo un esempio di come la famosa sensualità mediterranea..........(continua)

Ecomediterranea 2009.

Si svolgerà a Palermo dal 24 al 27 settembre presso l'Ex deposito delle locomotive di Sant'Erasmo.
Come per le precedenti edizioni il fulcro della manifestazione girerà intorno alle tematiche ambientali e dello sviluppo sostenibile, articolate principalmente nei settori aria, acqua, rifiuti, energia, natura, agricoltura e zootecnia, educazione e comunicazione ambientale, bioedilizia, mobilità sostenibile, acquisti verdi, informatica, editoria e consulenza.
Oltre alle aree espositive, rivolte agli operatori del settore, alle pubbliche amministrazioni ed al pubblico sensibile alle tematiche ambientali, durante la fiera verranno realizzati convegni internazionali, workshop e diverse iniziative di promozione, sensibilizzazione, studio e intrattenimento rivolte ad un pubblico sia di adulti che di bambini; nell’ambito della manifestazione, una delegazione di rappresentanti istituzionali provenienti dai Paesi del Mediterraneo – Tunisia – Siria – Malta - Slovenia e altri Paesi Europei, visiterà l’evento e incontrerà gli espositori, al fine di favorire le collaborazioni tra istituzioni, aziende, agenzie specializzate nel settore ambientale, lo scambio di know how e di buone prassi.

domenica 6 settembre 2009

Convincere un politico in 10 mosse.

Un vecchio (2004) post di Loïc Le Meur, in cui sintetizzava i dieci motivi per cui ogni politico dovrebbe avere un blog:
per avvicinarsi ai propri sostenitori;
discutere apertamente con loro, creare un’area permanente di dibattito;
mettere alla prova le proprie idee e programmi in modo rapido e veloce, avendo l’opportunità di migliorarle grazie al confronto;
cambiare il registro di comunicazione con gli elettori, da freddamente istituzionale a più informale. La gente vuole sentir parlare il politico in prima persona attraverso il suo blog, da pari a pari;
capire ed affrontare meglio le critiche, senza lasciarle alla deriva;
divulgare meglio le proprie idee, svincolandosi da un contesto locale;
raccogliere fondi;
raggiungere un elettorato più giovane e non interessato alla politica;
creare effetti di network: in rete le notizie corrono veloci grazie ai link;
aumentare la propria popolarità facendosi conoscere meglio.
Per chi, come e meglio di me, si interessa di comunicazione politica in rete i dieci punti sono famosi, un dato acquisito, un punto di partenza consolidato.
Ma, mi domando, lo stesso varrà anche per i politici?
Anche se molta acqua è passata ed esempi illustri di utilizzo maturo del web - Obama per tutti - hanno certo contribuito al superamento di certi pregiudizi, non credo.
Credo anzi che la strada da percorrere sia ancora lunga e che, per vincere la diffidenza verso il web dei politici nostrani, i sopra citati dieci punti siano argomenti ancora validi e non scontati.

sabato 1 agosto 2009

Vantaggi e rischi della patnership italo-libica.

Al di la’ di facili entusiasmi o paure irrefrenabili, e’ bene tirare un primo bilancio della nascente alleanza economica fra Italia e Libia. Per noi, c’e’ tanto di guadagnato: innanzitutto, la chiusura di un contenzioso pluridecennale che limitava i nostri investimenti in quello che si e’ trasformato negli ultimi anni da “rogue state” a terra di opportunita’. Il trattato e’ un ulteriore mattoncino nella costruzione di una delle piu’ grandi scommesse nella politica estera italiana degli ultimi anni: la normalizzazione della Libia. Soprattutto ora, con il Nord Africa che sta diventando sempre piu’ terra di delocalizzazione, manodopera a costi contenuti e mercato di esportazione per le nostre imprese (si pensi a Tunisia, Egitto e Marocco), la Libia e’ un tassello che si aggiunge al nostro mosaico geoeconomico. Per di piu’, in questa partnership ci guadagniamo noi e ci guadagnano i libici: il gioco e’ a somma positiva, almeno per il momento.
Cio’ detto, e’ importante pero’ sottolineare i rischi che questa intesa porta con se’. La Libia non e’ diventata dall’oggi al domani un interlocutore pienamente responsabile e affidabile; il sistema politico ruota attorno alla figura di Gheddafi e ai conflitti interni al regime fra fazioni e personalita’ di primo e secondo piano. L’esempio dell’ALI sta qui a ricordarcelo: gli accordi con i libici possono diventare delle inutili perdite di denaro. Nei mesi scorsi la Libia ha minacciato di rinazionalizzare il settore petrolifero: poco piu’ di una manovra per imporre la rinegoziazione dei contratti delle imprese straniere in un contesto caratterizzato dal crollo del prezzo del petrolio. L’ENI e’ gia’ al sicuro, essendo passata da tempo al modello EPSA IV; ma quel che emerge da questa storia e’ che il rischio politico per le imprese straniere e’ ancora molto alto in Libia. Cosa succedera’ ai nostri interessi in Libia? Cosa ne sara’ dei crediti in sospeso? Tutto resta appeso alle manovre politiche di Gheddafi e agli equilibri interni al regime; e a quest’idea dovremo rassegnarci per i prossimi anni.

lunedì 27 luglio 2009

Nicola Zitara: il meridionalismo ed il suo profeta.

Tema centrale del discorso, che egli porta avanti nella sua attività, è il concetto che l'unità d'Italia sia stata sostanzialmente un danno, se non la causa principale dei mali che affliggono il meridione, devastando un regno, quello delle Due Sicilie, nel periodo preunitario florido e avviato verso un equilibrato decollo economico-sociale. È attivamente impegnato in un'opera di divulgazione storico-politica tendente a contrastare la storiografia ufficiale, che egli considera capziosamente squilibrata in favore delle classi dominanti e dell'area geopolitica settentrionale.
Scrive di lui Bruno Cutrì nel libro Potere da spartire. Meridionalismo ascaro:
« Leggere gli scritti di Nicola Zitara è come vedere l’altra faccia della Luna. Dalla Terra non si vede, ma c’è ed è diversa da quella usuale. E per vederla bisogna fare uno sforzo titanico, pari a quello compiuto dalla NASA. Soprattutto bisogna eludere la congiura del silenzio che avvolge i suoi scritti ed i suoi pensieri guida.
Io l’ho fatto; avvalendomi dei miei mezzi di produzione tecnologici, ho impegnato la passione intellettuale per ritornare alle origini mediterranee e per ricostruire, in memoria elettronica, quella parte di realtà storica e culturale svanita nel rumore dei tromboni ufficiali.Nicola Zitara mi ha guidato nei meandri della nazione meridionale, a cavallo della cosiddetta Unità d’Italia, ed ho scoperto l’altra faccia della Luna. »

domenica 26 luglio 2009

La Sede per il Segretariato Economico per l’Unione per il Mediterraneo (UpM) non sarà in Mediterraneo!

tratto da http://www.duesicilie.org/
Delirante scelta di Berlusconi che propone Milano come sede per il Segretariato Economico per l’Unione per il Mediterraneo (UpM). Evidentemente il Sud è considerato già come "altro" (cioè non Italia) se no la logica scelta sarebbe stata una città meridionale come Palermo, Napoli o Bari, effettivi punti di incontro tra Nord e Sud, piuttosto che una città decentrata rispetto alle aree mediterranee (anzi al di fuori di esse) che si è sempre considerata mittleuropea e senza alcuna vocazione o storia di mediazione culturale. È evidente che la scelta sottintende la mentalità colonialista dell’Italia verso i Paesi mediterranei e verso le Due Sicilie. Ci si domanda dov’erano i fautori del (nuovo) Partito del Sud al momento della scelta, Poli Bortone, Micciché, Bassolino, ma anche Lombardo dell’MPA.
È sempre piú evidente che costoro rappresentano solo sé stessi, nel frattempo il Sud viene espropriato anche dell’essere terra mediterranea...

sabato 25 luglio 2009

Berlusconi resuscita il Ministero dell’Ambiente.

http://net.essenzialeonline.it/
C’è voluto che la Prestigiacomo facesse la voce grossa, ma alla fine vissero felici e contenti.
Almeno per un po’.
L’allarmante smantellamento delle funzioni del Ministero dell’Ambiente in tema di energia è stato, per il momento, messo da parte.
Ieri sera si è votato il Dl anticrisi che, come noto, conteneva un micidiale Art.4 che, se fosse passato, avrebbe dato al Presidente del Consiglio la possibilità di nominare un commissario speciale di fiducia per gestire i procedimenti, attuali e futuri, di autorizzazione per le infrastrutture energetiche e gli impianti produttivi.
La cosa era troppo grave per passare inosservata…
Tanto che il Presidente della Camera Fini ha preferito, saggiamente, dilatare i tempi di discussione della questione stralciando il famigerato articolo.
Per la cronaca il resto del maxiemendamento, causa/gratia fiducia imposta dal Governo, è stato approvato.
Le paure della ministra erano diminuite già l’altro ieri, 23 luglio, quando la Prestigiacomo aveva affermato, a mezzo comunicato stampa, “ho avuto la parola del Presidente Berlusconi che l’art. 4 del decreto anticrisi sarà modificato nel corso dell’esame del provvedimento al Senato“.
Le è andata bene, il giorno dopo, già alla Camera.
A parte la cronaca parlamentare, interessante fino a un certo punto, c’è tutta la succosa polemica politica da raccontare.
Dopo lo sdegnato allarme lanciato dalla Prestigiacomo, infatti, tra le altre è arrivata anche la risposta stizzita del ministro leghista per la Semplificazione Calderoli.
A parte il fatto che un ministro per la Semplificazione a Roma è utile tanto quanto un assessore al Nulla o alla Beatitudine a Salemi, mi chiedo (e se lo è chiesto anche la Prestigiacomo) quali siano le competenze specifiche di tale Ministero in tema di energia.
Mi risulta nessuna…
Come al solito, cominciamo a pensare male che qualche risposta comincia a uscire.
A spalleggiare la Prestigiacomo ci ha pensato Gianfranco Miccichè, sottosegretario con delega al Cipe, che ha detto apertamente che “l’atteggiamento di Calderoli è la conferma di quello che diciamo da tempo e quindi uno stimolo ad accelerare il processo del partito del Sud“.
Tiriamo le somme: un Presidente del Consiglio che prima tenta di far passare un articolo che gli permetterebbe in assoluta solitudine di dare l’ok a centrali elettriche, gasdotti, termovalorizzatori e chi più ne ha più ne metta, e poi promette di rimangiarselo.
Una ministra dell’Ambiente siciliana che, per quanto molto disponibile a rilasciare autorizzazioni agli impianti, è vittima di un trappolone da parte dei suoi colleghi.
Un ministro leghista che conferma l’ultimo orientamento della Lega in fatto di energia.
Un cavaliere solitario, di nuovo siciliano, che minaccia il Governo di non rinnovare la fiducia alla prossima occasione (probabilmente già al Senato, con questo clima, servirà di nuovo porre di nuovo la fiducia sul Dl Anticrisi…) e alza la voce gridando al Partito del Sud.
In mezzo, una serie notevole di impianti di produzione e distribuzione dell’energia che, se approvati tutti, potrebbero cambiare il volto e la storia del nostro paese. E nessuno ancora sa se in bene o in male.
Di sicuro, per ora, c’è che gli interessi politici nel settore energia si stanno raggrumando e si stanno creando dei poli sempre meglio definiti.
Questo spinosissimo intreccio di interessi, infine, è tenuto in equilibrio da Berlusconi. L’amico di Putin.
Capirà bene, quindi, la Prestigiacomo che se ha vinto la battaglia è bene che prepari in fretta la guerra…

Il grande sponsor politico di Edipower è la Lega Nord.

tratto da http://net.essenzialeonline.it

Sei deputati della Lega Nord hanno “scoperto” che esiste un posto chiamato San Filippo del Mela e che in tale posto c’è una centrale che ha qualche problema a ottenere il rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale…
I deputati leghisti, però, si sono informati proprio bene, e hanno scoperto che la centrale è grossa, produce un sacco di elettricità e che se si blocca sono guai per il sistema elettrico siciliano e nazionale.
O almeno così affermano, in una dettagliatissima interrogazione al ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola.
Interrogazione, tra l’altro, molto recente: presentata il 6 luglio.
Stanno proprio sulla notizia, questi leghisti. Devono avere buone scuole di giornalismo su al nord…
Visto che sono così ben informati, quindi, sapranno benissimo che se si blocca l’Edipower di San Filippo del Mela al sistema elettrico nazionale non succede nulla, perchè Sicilia e Italia sono collegate da un misero cavo da 600 Mw, molto meno della potenza della centrale messinese che produce, di fatto, più per i siculi che per il continente.
E, infatti, se si blocca l’Edipower son guai per i siciliani e per la rete siciliana, non certo per quella nazionale.
Ma, allora, che se ne importa il leghista medio del sistema elettrico siciliano?
Dall’interrogazione, effettivamente, visto che non si cita minimamente la questione ambientale nè quella occupazionale derivante da una possibile chiusura dell’impianto, emerge più che altro una preoccupazione per l’azienda, non per i siciliani.
Ma, allora, che se ne importa il leghista medio (sempre lui) delle ricadute economiche di Edipower?
E qui gliene frega, e come!
Perchè Edipower è molto, molto padana.
Per la precisione Edipower è posseduta al 50% da Edison, al 20% da A2A, al 20% da Alpiq e al 10% da Iride.
Edison, a sua volta, è per il 62% di Transalpina di Energia Srl.
Transalpina, poi, è controllata al 50% dalla francese Edf e al 50% da Delmi Spa.
Delmi, invece, è per il 51% di A2A, per il 15% di Enia, per il 10% di Sel e il restante 14% è diviso tra Mediobanca, Cassa di risparmio di Torino, Banca popolare di Milano.
Tornando indietro un attimo, Alpiq è una società svizzera controllata al 25% da Edf mentre Iride è il frutto della fusione della municipalizzata dell’energia di Torino (AEM TORINO) con la municipalizzata del gas di Genova (AMGA Genova).
Enia è la municipalizzata di Parma mentre Sel è la municipalizzata altoatesina.
A2A, infine, nasce dalla fusione tra AEM Milano e ASM Brescia, entrambe municipalizzate dell’energia e del gas dei due comuni.
Con tutti questi intrecci di società (ex?) municipalizzate del nord, l’interessamento della Lega Nord a Edipower non è affatto strano…
Anche perchè, sebbene siano tutte ex municipalizzate, i Consigli Comunali dettano ancora legge nell’azienda. Per statuto.
Se siete ancora vivi dopo tutti questi numeri, allora potete tranquillamente sopravvivere anche alle emissioni della centrale Edipower di San Filippo del Mela.
Quindi non rompete le scatole e lasciate alla Lega quel che è della Lega: il controllo di una delle centrali elettriche più importanti della Sicilia.

lunedì 20 luglio 2009

Mediterraneo: Berlusconi "Si deve fare di più"

"L'Italia e' il primo partner commerciale di questi paesi, con un quarto del totale del commercio tra la sponda sud e la sponda nord del Mediterraneo. Dobbiamo porci un traguardo piu' ambizioso: vogliamo passare a un terzo del totale''. Secondo il premier: "Con il protocollo di Barcellona si e' fatto pochissimo. L'Unione per il Mediterraneo deve essere qualcosa di molto, molto concreto perche' interessa a tutti noi''. Tra le priorita' occorre ''dare impulso ai negoziati per creare un'area di libero scambio commerciale tra i paesi della sponda sud e i paesi della sponda nord del Mediterraneo. Non puo' esserci sviluppo del Mediterraneo senza un'area di libero scambio''. Bisogna poi, secondo il premier, continuare con gli aiuti economici, come i 20 miliardi di dollari che saranno destinati al continente africano sulla base delle decisioni assunte al G8 de L'Aquila. ''Non bisogna pero' - ha ammonito il premier - consegnare questi fondi ai governi, ma usarli direttamente per realizzare cose concrete e far si' che questi paesi possano diventare vere democrazie. E' un nostro dovere aiutare questi paesi a raggiungere livelli di ricchezza e di benessere simili a quelli occidentali, ed e' un nostro interesse farlo anche per evitare pressioni migratorie''. Per tutti questi motivi, il premier si e' detto convinto della necessita' di ''dare a Milano la segreteria economica dell'Upm''. Sarà una sorta di "Davos per il Mediterraneo" e favorirà il rilancio dell'Unione Med (Upm) dopo lo stallo politico degli ultimi mesi. Con queste premesse si è aperto oggi e prosegue martedì a Milano il primo Forum economico e finanziario per il Mediterraneo, promosso dal ministero degli Esteri, dalla Regione Lombardia e dalla Camera di Commercio di Milano, pronto anche a candidare la capitale lombarda a sede della nuova Agenzia euro-mediterranea. "Vogliamo che Milano diventi un 'hub' - ha detto oggi il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi presentando l'iniziativa ai giornalisti - un centro di coordinamento per tutte le agenzie che si occupano di piccole e medie imprese nel Mediterraneo. Un progetto di 'network' per attivare aiuti e finanziamento alle Pmi in cui l'Italia sta lavorando a stretto contatto con la Spagna e a cui stanno gia' mostrando interesse paesi come Tunisia, Algeria e Marocco. "Speriamo - ha detto la Craxi - che sul fronte del modello di Pmi l'Italia possa diventare un punto di riferimento anche per gli altri Paesi del Mediterraneo".
Altro progetto che verrà presentato al Forum quello di Inframed, un fondo di investimento a lungo termine per i finanziamenti nel settore delle infrastrutture strategiche nell'area. Un progetto questa volta sviluppato insieme alla Francia che, al 70%, partecipera' con Caisse de Depots affiancando la Cassa depositi e prestiti. Dentro al progetto anche altre istituzioni come l'egiziana Efg-Hermes, la tedesca Kfw e la Caisse des Depots e Gestion marocchina. Pmi, infrastrutture, ma anche energia al Forum di Milano i cui lavori sono stati aperti dal premier Silvio Berlusconi, dal presidente egiziano, Hosni Mubarak, dal ministro dell'Industria francese, Christine Lagarde, e dal vicepresidente svedese, in veste di presidente di turno Ue, Maud Oloffson. Oltre quello delle Pmi e delle infrastrutture il focus sara' anche sull'energia, tema che sara' affrontato con particolare attenzione alle interconnessioni per il mercato e alle rinnovabili. Un incontro "informale" ha specificato la Craxi, che non sara' solo una "parata ministeriale" ma vedra' un nutrito parterre di imprenditori. Per l'Italia saranno presenti l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, il presidente dell'Enel, Piero Gnudi, l'ad di Unicredit, Alessandro Profumo, oltre ai ministri Claudio Scajola, Altiero Mattioli, Giulio Tremonti e Franco Frattini.
"Spero che questo Forum - ha detto la Craxi - possa diventare una Davos del Mediterraneo e possa essere un primo importante passo nel rilancio dell'Unione". Il primo incontro ufficiale dell'Unione Med, fortemente voluta dal presidente francese, Nicolas Sarkozy e lanciata a luglio dello scorso anno al Vertice di Parigi, sara' il prossimo anno, vista la scadenza biennale dell'incontro, e vedra' seduti al tavolo 43 paesi. Nel 2008 l'interscambio tra i 27 paesi Ue e l'area mediterranea (Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Siria, Territori palestinesi, Tunisia e Turchia) ha raggiunto un valore complessivo di 280 miliardi di euro. L'Italia e' l primo partner commerciale tra i Paesi Ue dell'area. con circa 62 miliardi di euro di interscambio nel 2008.
Agli interventi di apertura previsti sono quelli del Presidente egiziano Hosni Mubarak, del ministro dell'Economia francese Christine Lagarde, del vice primo ministro svedese Maud Olofsson (la Svezia è presidente di turno dell'Unione Europea), del vicepresidente della commissione europea Antonio Tajani, del Presidente della Bei Philippe Maystadt.

domenica 19 luglio 2009

La crisi la paga soprattutto il Sud.

Il rapporto SVIMEZ 2009 conferma il dirottamento fino ad oggi di ben 18 miliardi di risorse FAS verso misure anti crisi ed interventi di carattere emergenziale che riguardano quasi esclusivamente il Nord Italia, 122 mila esodi soprattutto di giovani del Sud verso il Nord, con la conseguente perdita di capitale umano, una contrazione dell’occupazione di oltre il 2% nel III trimestre 2009 e la perdita di 14.000 posti di lavoro, accesso al credito bancario sempre più difficile per l’assenza di istituti bancari indipendenti, un’assenza di politica di investimenti in infrastrutture.
Esiste una questione meridionale che è stata ancora più aggravata dalla legge sul federalismo fiscale. Solo falsi e bugiardi possono continuare a sostenere il contrario.
Provvedimenti governativi contro il Mezzogiorno d’Italia che dovrebbero far vergognare chi li ha emanati e suscitare rabbia e non rassegnazione.

sabato 18 luglio 2009

Il Sud: da periferia dell'Europa a centro dell'Euromediterraneo.

In questi anni è cresciuta la distanza tra il Sud dell'Italia e l’Europa. Lo dicono i dati: prodotto interno lordo per abitante, tasso di attività, tasso di disoccupazione. Gravi sono le responsabilità della politica: mancata strategia di avvicinamento all’Europa, inadeguata collocazione nel contesto Mediterraneo, spreco di opportunità e risorse europee (i fondi strutturali dispersi in miriadi di piccoli interventi che non hanno inciso sui fattori di sviluppo). Non meno gravi le responsabilità dei governi di destra e di sinistra che hanno messo in atto una politica di vero e proprio abbandono del Mezzogiorno a cui hanno tolto ingenti risorse che erano state stanziate.
La politica perseguita dall’Unione Europea ci ha penalizzato. L’apertura ai paesi dell’Est europeo ha spostato l’interesse politico ed il baricentro delle iniziative anche finanziarie dell’Unione verso quelle aree, facendo affievolire l’importanza della sponda sud dell’Europa e determinando il progressivo fallimento del processo di Barcellona e della realizzazione di una area di libero scambio nel Mediterraneo a partire dal 2010. E’ fondamentale che il Sud si riconnetta prontamente all’Europa, a cui non si può guardare solo come se fosse una cassa bancomat da cui trarre disponibilità finanziarie o, alternativamente, come un ente lontano che emana regole che ci costringerebbero a radicali e fastidiose riforme. Si deve compiere un salto di qualità per assimilare gli standard europei e per poter davvero cogliere le opportunità che l’Unione Europea mette a disposizione, al fine di valorizzare le importanti risorse di cui la nostra terra dispone.
L'inizio dell'attività parlamentare europea e le elezioni regionali del 2010 possono diventare il momento decisio per rilanciare i temi della politica euromediterranea:
- sviluppo dell’Unione per il Mediterraneo al fine di potenziare le relazioni tra l’Unione Europea e i paesi che si affacciano nell’intero bacino del Mediterraneo sostenendo la creazione di un' Assemblea regionale e locale euro mediterranea;
- sviluppo di programmi sull’ambiente quale il disinquinamento del Mare Mediterraneo, sulle energie rinnovabili, sulla protezione civile, sui trasporti marittimi, sull’agricoltura sana e naturale, sulla istruzione e sulla ricerca, sui beni culturali; creazione od il rafforzamento di organismi quali una Banca Euromediterranea di investimenti, una Agenzia Euromediterranea per le energie rinnovabili, un Ente per lo sviluppo degli scambi commerciali Sud-Sud che valorizzi le imprese e le produzioni dell’area;
- creare un Polo Universitario Mediterraneo con affiancate attività di ricerca nelle tecnologie ambientali, sulle fonti rinnovabili, sulla bioedilizia e sui veicoli ad emissione zero, un' Agenzia Mediterranea per lo sviluppo dell’agricoltura biologica e per la sicurezza alimentare;
- una politica comune centrata sulle opportunità di migrazione legale, sulla lotta alla immigrazione clandestina, sul diritto di asilo, sugli interventi per generare opportunità di sviluppo nei paesi di più forte migrazione;
- valorizzazione delle risorse locali piuttosto che favorire produzioni massificate e senza qualità, privilegiando le produzioni tipiche, rispettose dei cicli agricoli naturali, del mare e dell’ambiente agevolando le filiere che possano portare alla grande utenza europea prodotti sani, della tradizione agroalimentare, rigorosamente certificati ed etichettati, in modo da fornire ai consumatori la più agevole e trasparente tracciabilità, nonchè le produzioni artigianali ad alto valore aggiunto.
L'attuazione di questo programma porterà il Meridione a non essre più visto come la frontiera sud dell’Europa, a svolgere un ruolo di cerniera tra i popoli del Mediterraneo e quelli del Nord Europa ma soprattutto a fermare l'emoragia di giovani che migrano verso quei territori dove la politica europea ha concentarto i suoi sforzi e che oggi raccolgono i frutti dello sviluppo.

domenica 12 luglio 2009

L'Europa e l'equilibrio Mediterraneo

di Boris Biancheri
Presidente ISPI, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Milano
C'è una certa contraddizione in atto in questo momento nel rapporto euromediterraneo. Il Mediterraneo ha accresciuto la sua importanza strategica: negli ultimi anni, per una serie di fattori quali la lotta al terrorismo, l'incidenza della guerra in Iraq, è diventato ancor più un centro sensibile, un'area di rischio e di potenziali instabilità. Questo fatto comporta, per l'Europa, una nuova riflessione perché proprio contestualmente a questo processo, l'Europa attraversa una fase di allargamento e il peso specifico dell'area continentale europea si accresce sensibilmente. Due Paesi mediterranei di grande importanza politica e culturale come Cipro e Malta entrano nell'Unione Europea; ma se facciamo il conto materiale del peso degli abitanti dell'Unione Europea, vediamo che i nuovi membri dell'Europa centro-orientale assommano a 77 milioni di abitanti e i due nuovi membri mediterranei a un milione di abitanti; che il prodotto interno lordo dei nuovi membri dell'Europa centro-orientale è di circa 440 miliardi di euro e quello dei nuovi membri mediterranei di circa 11 miliardi di euro. Quindi, il peso del continente europeo si accresce. È comunque forte la convinzione che il Mediterraneo rappresenti nel contesto generale e internazionale un'area di particolare importanza e sensibilità. Non basta più mantenere l'area in quella sorta di equilibrio che si è conservato per tanto tempo e che tuttavia è stato insufficiente per segnare dei progressi veramente sensibili; occorre ricostruire un equilibrio e per realizzarlo è necessaria la cooperazione dei Paesi dell'area mediterranea. Inoltre, la dimensione del Mediterraneo è soggetta a nuove definizioni. L'area mediterranea risente dell'influenza di quelle zone di "retroterra mediterraneo": il Golfo, il Mar Nero, lo stesso Caspio che agiscono e interagiscono sugli equilibri del Mediterraneo, ma il cui centro di gravità è altrove. Il Mediterraneo, dunque, si trova non soltanto a confrontarsi con i problemi esistenti al suo interno, ma anche con quelli che provengono dalle aree vicine che ne influenzano la stabilità. Credo quindi sia lecito dire che il Mediterraneo attraversi obiettivamente una fase di difficoltà: spetta in primo luogo all'Europa il compito di ricostruire un equilibrio.

La nuova questione meridionale: questione mediterranea

Il politico Adriana Poli Bortone, l'architetto Aldo Loris Rossi, il filosofo Aldo Masullo. Rispettivamente: una donna di destra, un radicale, un uomo di sinistra. Tre personaggi di pensiero e d'azione per un grande progetto: La Questiome Mediterrranea.
La caduta degli interessi commerciali verso l’Atlantico e la depressione economica che si protrarrà per anni negli Stati Uniti, strategicamente potrebbero riportare in primo piano gli scambi commerciali e culturali nel Mediterraneo. Il Sud d’Italia potrebbe candidarsi a divenire il baricentro naturale per i traffici e gli scambi tra l’Europa continentale ed i paesi che si affacciano sul Mare Nostrum di romana memoria, rettificando gli indirizzi di una politica europea che invece guarda verso altre direzioni ed interessi.
La Questione Meridionale resta, dunque, argomento di attualità, seppur articolato in forme moderne d’analisi che non stravolgono, tuttavia, l’originario tema d’emancipazione e di annullamento del divario tra territori del Sud d’Italia ed … il resto d’Europa.

domenica 5 luglio 2009

Il monitoraggio costiero Mediterraneo

Il CNR-IBIMET Sede di Sassari, il CNR-IBAF Unità staccata di Napoli, Il CeSIA, Accademia dei Georgofili di Firenze, la Fondazione L.E.M. (Livorno Euro-Mediterranea) organizzano il Terzo Simposio “Il Monitoraggio costiero mediterraneo: problematiche e tecniche di misura” che si svolgerà a Livorno nel giugno 2010. Il Simposio si pone l’obiettivo di analizzare le problematiche e tecniche di misura utilizzate per il monitoraggio costiero effettuato sia in ambito fisico- ambientale sia per la tutela del Patrimonio Culturale e del Paesaggio Costiero. Viene posta inoltre l’attenzione sugli aspetti legislativi ed economici della tutela delle coste.
*SESSIONI*
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- EVOLUZIONE DELLA LINEA DI COSTA ED EROSIONE COSTIERA(Parole chiave: Metodi di misura. Tipologia di costa. Remote Sensing (RS). Sistemi Informativi Geografici (GIS). Range delle variazioni.)
- VEGETAZIONE COSTIERA: DINAMICA E PROTEZIONE (Parole chiave: Ecosistemi dunali. Formazioni costiere. Analisi dei fattori d’impatto. Metodologie di mitigazione degli impatti e di ripristino.)
- GESTIONE E TUTELA INTEGRATA DELLE COSTE: PROFILI ECONOMICI E GIURIDICI(Parole chiave: Sviluppo sostenibile. Tutela dell’ambiente costiero. Strumenti giuridici ed economici. Pianificazioni. Sistemi di controllo. Gestione olistica, partecipativa, aperta.)
- ANTROPIZZAZIONE COSTIERA: USO E RECUPERO DEL TERRITORIO(Parole chiave:Architettura e ambiente. L’Uomo e il territorio in cui vive. Manutenzione del territorio. Recupero del territorio per l’Uomo. Recupero del territorio per la Natura.)
- FONDALI, BIOLOGIA MARINA E QUALITÀ DELLE ACQUE(parole chiave: Dinamica ed evoluzione recente dei fondali sottocosta. Morfologia sommersa. Coperture vegetali in morfologie sommerse. Attività biologica e qualità delle acque.)
- PATRIMONIO CULTURALE E PAESAGGIO, COSTIERO E SUBACQUEO(parole chiave: Archeologia subacquea e costiera. Storia del territorio e delle coste. Patrimonio culturale immateriale delle coste e dei fondali. Evoluzione delle coste.)
*DATE E SCADENZE:*
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I sunti, redatti secondo le norme riportate nel sito http://www.ss.ibimet.cnr.it/, devono essere inviati alla Segreteria Scientifica del Simposio per e-mail, simposio@ibimet.cnr.it, entro il 2 ottobre 2009.
simposio@ibimet.cnr.it

Mediterraneo, 'polo forte per la floricoltura mondiale'

Presentato il progetto di cooperazione transnazionale per la floricoltura, promosso e finanziato dall'Unione europea nell'ambito del Programma Operativo MED (Obiettivo 3). Il progetto, denominato Flormed, è nato per valorizzare e promuovere a livello internazionale la produzione floricola ligure e mediterranea e vede la Regione Liguria come capofila a coordinare l'iniziativa.
Il meeting di lancio del progetto si tiene proprio in questi giorni a Sanremo. Alla presentazione di questa mattina a Villa Nobel, aperta al pubblico, l'Assessore all'Agricoltura e Floricoltura della Regione Liguria Giancarlo Cassini ha presentato le linee guida del progetto. Presenti anche i delegati delle altre regioni 'floricole' mediterranee che partecipano all'iniziativa: Julián Bartual Martos della Comunitat Valenciana in Spagna, il presidente di Hyères Hortipole - Mercato dei Fiori di Hyères Michel Gueirard per il Dipartimento del Var in Francia e Christos Likas della Regione Tessaglia, prefettura di Magnesia in Grecia.
L'obiettivo del progetto è lo sviluppo del fiore tipico mediterraneo come strumento di caratterizzazione e competizione nel mercato floricolo globale.Si tratta di favorire lo sviluppo, la valorizzazione e la promozione dell'intera filiera floricola mediterranea, per affrontare la forte concorrenza internazionale dei paesi del Nord Europea e Paesi emergenti extra europei e garantire un migliore livello di competitività, di sviluppo e di crescita per il futuro del settore floricolo del bacino mediterraneo. Per questo fine verranno messe in atto azioni comuni nei campi dell'innovazione, della promozione, della commercializzazione e della governance.
'Si tratta di lavorare insieme - ha dichiarato l'Assessore Cassini - per mantenere e possibilmente migliorare la nostra fetta di mercato, che al giorno d'oggi si attesta intorno al 4% del totale (il 2% se si considera esclusivamente l'area del ponente ligure). Dobbiamo insistere sulle nostre tipicità e proporre al mercato mondiale un prodotto caratteristico, riconoscibile e attrattivo. Si deve partire da piante modello come la calla, la gardenia, il limonium o il papavero e sperimentare nuove tecniche, fino a proporre anche prodotti nuovi usando materiali diversi. Fondamentale sarà anche la messa in rete dei mercati, in particolare quello di Sanremo e di Hyères. Solo così potremo creare un polo mediterraneo che resista alla concorrenza internazionale'.
La commercializzazione, insieme alla promozione e comunicazione, la messa in rete della conoscenza e il sostegno all'innovazione saranno gli assi principali attorno ai quali si svilupperà Flormed: poco più di un milione e ottocento mila euro sono già stati stanziati dall'Unione Europea per un periodo di 36 mesi, con l'obiettivo di fare del mediterraneo un polo forte per la floricoltura mondiale. Coinvolti in Flormed quattro paesi e dieci soggetti: per la Regione Liguria, oltre all'Assessorato all'Agricoltura e Floricoltura, il Distretto Agricolo Florovivaistico del Ponente ligure, l'IRF - Istituto Regionale per la Floricoltura. Previsto anche il coinvolgimento del Mercato dei Fiori di Sanremo, che collaborerà con gli altri mercati, e con Sica Fleurs di Hyères in particolare, per la messa in rete dei servizi di vendita e asta telematica.

sabato 20 giugno 2009

L'elettricità arriverà in Europa direttamente dal sole africano.

Un consorzio di 20 grandi gruppi tedeschi prevede di investire 400 miliardi di euro per catturare i raggi solari nelle aree desertiche del Nord Africa e trasformarli in energia elettrica da inviare alle reti dei paesi europei. Si tratta di Desertec, un progetto che per ora è solo sulla carta - scrive il quotidiano Sueddeutsche Zeitung - ma che promette di diventare il più grande del suo genere a livello mondiale. L'obiettivo è di soddisfare circa il 15% del fabbisogno di energia elettrica in Europa entro 10 anni.
Partecipano al consorzio, guidato dal colosso delle assicurazioni Munich Re, gruppi come la Siemens, la Rwe e la Deutsche Bank, ma al tavolo della prima riunione - fissata per il 13 luglio prossimo - siederanno anche rappresentanti del ministero dell'Economia tedesco e dell'organizzazione non governativa Club di Roma. "Vogliamo fondare una società con l'obiettivo di presentare piani di attuazione concreti entro due, tre anni", ha detto al giornale Torsten Jeworrek, membro del consiglio di amministrazione della Munich Re. Anche partner europei e nordafricani potrebbero presto prendere parte a Desertec.
"Su Italia e Spagna siamo ottimisti e dal Nord Africa riceviamo segnali positivi", ha spiegato Jeworrek, il quale si è invece dimostrato scettico sull'adesione dei francesi, "che puntano ancora molto sul nucleare", ha detto. Il progetto si basa sulla generazione di energia termica solare con un contenuto tecnologico relativamente basso, poiché utilizzerà una sistema di specchi per riscaldare l'acqua piuttosto che una serie di sofisticate cellule fotovoltaiche. Per trasportare questa energia, è prevista la realizzazione di una nuova rete di trasmissione ad alta tensione dal deserto del Magreb fino all'Europa. (Ansa)

Le rotte e i punti chiave del Mediterraneo.

(carta di Laura Canali tratta dalla rivista di geopolitica Limes)

Le rotte delle grandi compagnie navali ed i porti principali. Gli hubs di oggi e quelli in progetto. I passaggi strategici del Mediterraneo. . Questa cartina ci dice l'importanza strategica del Mediterraneo e la miopia delle politiche europee che invece vanno in altra direzione. Inoltre, dalla cartina si rileva l'ìmportanza dei nostri porti di Taranto e Gioia Tauro e del futuro delle regioni dell'Italia meridionale. Sconfortante la mancanza di dibattiti ed interesse su questo argomento nell'ultima campagna elettorale per le europee, eccezione fatta per il radicale Aldo Loris Rossi del quale questo blog ha esposto la sua proposta.

Il Mediterraneo: ponte tra Est ed Ovest.

Articolo di Lucio Caracciolo pubblicato su La Repubblica l'8/06/09.
Il nostro futuro è euromediterraneo o non è. L’idea di opporre Europa e Mediterraneo in quanto spazi incompatibili, frontiere dello “scontro di civiltà”, ci porterebbe tutti al suicidio, europei e mediterranei. A cominciare da noi italiani, euromediterranei per storia e geografia ma non più, oggi, per economia e geopolitica. Anzi, le prime generazioni di europeisti italiani facevano della necessità di “aggrapparsi alle Alpi per non finire in Africa” l’alfa e l’omega della loro visione. L’ordine del giorno è ormai rovesciato: dobbiamo recuperare la dimensione mediterranea dei nostri scambi e della nostra proiezione geopolitica se non vogliamo accelerare il declino dello Stivale. Perché il Mediterraneo è la nostra Cina, più vicina e più abbordabile per le nostre imprese di taglia medio-piccola.Un terzo del commercio mondiale transita fra Suez e Gibilterra, ma l’Italia stenta a intercettarlo. Perché non dispone delle infrastrutture portuali e di trasporto terrestre su cui invece poggiano non solo i grandi hub del Nord Europa, a cominciare da Rotterdam, ma ormai anche i nuovi grandi porti della costa Sud, come il gigantesco scalo di Tangeri, che fra qualche anno dovrebbe raggiungere i rivali del Northern Range. Su quali basi si fonda l’ascesa del Mediterraneo? Essenzialmente sulla crescita della produzione asiatica e sul conseguente flusso di merci che attraversano il “nostro mare” per raggiungere i consumatori europei e occidentali. La crisi ha provocato un drastico calo del traffico, ma non è difficile immaginare che prima o poi tornerà a crescere, e di molto. Su questo scommettono gli investitori che negli ultimi anni hanno concentrato centinaia di miliardi di dollari sullo sviluppo dell’area mediterranea, in particolare dei paesi Meda (Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, “Palestina”, Siria, Tunisia e Turchia, più Libia come osservatore). Un mercato da 280 milioni di abitanti, in forte sviluppo demografico ed economico, che se agganciato allo spazio europeo potrebbe aggregare un terzo del pil mondiale entro la metà del secolo (oggi l’Ue da sola è al 23%, ma secondo alcune proiezioni potrebbe scadere al 15% se non agganciasse la sponda Sud).Chi sta scommettendo sul Sud Mediterraneo? Se il 40% degli investimenti esteri nella regione restano europei, ormai il 30% proviene dal Golfo, mentre Brasile, India, Cina e altre economie ruggenti sono al 20% e gli Stati Uniti al 10% (rispetto al 25% di dieci anni fa). Già oggi, quindi, noi europei (e in specie noi italiani), stiamo perdendo quota nella competizione mediterranea.Per quanto riguarda il nostro paese, oltre alle evidenti carenze strutturali, pesano i fattori culturali. A cominciare dalla perdita della memoria storica di quello che il Mediterraneo ha rappresentato per noi. Non ci riferiamo al nostrum mare evocato per primo da Giulio Cesare, ma al ben più recente insediamento italiano nei principali paesi della sponda Sud, dalla Tunisia all’Egitto, dalla Turchia al Marocco. Ancora un secolo fa erano un milione circa i nostri connazionali in quest’area, profondamente incardinati nelle terre nordafricane e vicino-orientali e nei loro snodi commerciali, talvolta in posizioni di rilievo pubblico. Con le sciagurate imprese coloniali, dalla guerra di Libia in poi, ci siamo rapidamente trasformati in potenza coloniale tra le altre, solo più stracciona. E dopo la perdita dei territori d’Oltremare, conseguente al disastro della seconda guerra mondiale, la memoria dei nostri “levantini” si è definitivamente dispersa, così come la matrice della loro influenza.La ripresa di contatto con quel mondo passa oggi per la riscoperta del passato comune, senza oscurarne le tragedie ma ricordando la fondamentale sintonia fra gli interessi di noi mediterranei. Non sarà facile, visto che anche in Italia, come nel cuore dell’Europa che conta, il termine “mediterraneo” è scaduto a parolaccia, o quasi. Tanto che quando si riaffaccia il progetto di Euronucleo - di un’Europa carolingia centrata su Francia, Germania e dintorni - noi stessi veniamo spesso relegati nel cosiddetto “Club Med”, definizione non elogiativa. Per fortuna loro, arabi, cinesi, indiani e brasiliani non partecipano di queste fobie e tentano di usare il Mediterraneo per quel che è: un’opportunità per crescere..

domenica 14 giugno 2009

Il modo giusto per uscire dalla crisi.

Siamo sicuri che la Obamaeconomics sia il solo modo per uscire dalla crisi? Ad un anno dalla conferenza di Parigi sulla decrescita, Mauro Bonaiuti, Joan Martinez Alier (ex presidente dell'International Society of Ecological Economics) e Francois Schneider hanno lanciato un appello – rivolto innanzitutto ai responsabili di governo, ma anche a coloro che sono impegnati nelle istituzioni per la tutela ambientale e sociale e nelle ong - sottolineando che potrebbe esserci un'altra via.
Gli economisti del Fondo Monetario Internazionale e gli esperti delle più prestigiose istituzioni internazionali non sono stati capaci di prevedere la crisi economica che stiamo attraversando. Tuttavia, oggi, gli stessi esperti, pur con accenti diversi, non hanno dubbi sulla ricetta per uscire dalla crisi: ritornare alla crescita economica. La crisi economica è stata causata dagli eccessi nella creazione del debito, cioè si è prodotto esageratamente. Tuttavia, in risposta alla crisi, i leaders delle economie globali hanno creato il più grande debito che la storia economica ricordi. Ma come ha spiegato Frederick Soddy già negli anni Venti, il debito è una “richiesta di ricchezza reale” in altre parole la creazione di debito spinge la società verso una maggiore produzione di beni e servizi per ripagare quel debito. Tuttavia, come ha mostrato Georgescu-Roegen, tale produzione di ricchezza è limitata dall'ammontare di bassa entropia disponibile, in altre parole, dai limiti biofisici del pianeta.
Questa crisi, dunque, non è solo finanziaria ma è anche ambientale. Tuttavia le politiche contro la crisi prevedono investimenti per aumentare la capacità produttiva, attraverso sussidi per produrre automobili, bulldozer, TIR, aerei, che dovrebbero contribuire a rendere più “verdi” queste industrie. Ma “bulldozer verdi” continueranno ad estrarre risorse naturali, le automobili “verdi” continueranno ad incrementare il traffico e l'inquinamento, i “TIR verdi” continueranno a trasportare merci in tutta Europa.
La crisi che stiamo attraversando è anche una crisi sociale. Novanta milioni di persone sono scivolate sotto la soglia dei due dollari al giorno (nel 2008) secondo le stime della Banca Mondiale. Milioni sono i posti di lavoro perduti in Europa, in particolare tra i lavoratori precari. Ma la risposta alla crisi invoca ancora maggiore produttività del lavoro per una competizione ancora più selvaggia. Tuttavia maggiore produttività non significa forse un numero minore di lavoratori per produrre lo stesso ammontare di beni e servizi? La crisi è anche una crisi sociale legata alla concentrazione di ricchezza nella parte sviluppata del mondo. E come via di uscita dalla crisi i governi incentivano la crescita economica e sostengono i grandi colossi industriali e finanziari nella parte più ricca del mondo. D'altra parte, grazie alla riduzione nella produzione e nei consumi, in particolare di petrolio, abbiamo registrato in questi mesi un incremento significativo nella diffusione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico, oltre che, in molti paesi, una riduzione nelle emissioni di CO2. Questo è avvenuto dopo anni venti anni di insuccessi delle politiche ambientali improntate alla crescita e allo sviluppo sostenibile che hanno significato, come noto, un incremento nel consumo totale di materia energia e delle relative emissioni. I più accreditati analisti prevedono il raggiungimento a breve del picco nella produzione di un numero significativo materie prime fondamentali, incluso il petrolio. Tuttavia , come via di uscita dalla crisi, i governi stanno promuovendo incrementi nella produzione e nel consumo. L'interrogativo rimane: che cosa accadrà quando la domanda di questi beni riprenderà a salire? Siamo veramente sicuri che questa sia la via giusta per uscire dalla crisi? Politiche di matrice neokeynesiana - tese a sostenere la domanda aggregata e i consumi - possono essere utili nella fase acuta della crisi, al fine di ricondurre il sistema verso una relativa stabilità, tuttavia - nel tempo lungo - rafforzano le condizioni che hanno portato alla crisi attuale. Esiste un'altra via:
- Sostenere, praticare ed istituzionalizzare la condivisione del lavoro (Job Sharing) favorendo di conseguenza una riduzione dell'orario di lavoro.
- Muovere verso una riforma delle Istituzioni internazionali, nazionali e locali, favorendo relazioni impronte alla cooperazione.
- Sostenere il lavoro domestico, volontario, e la creazioni di reti di economia sociale e solidale.
- Prevenire la paura della riconversione supportando la ricerca e l'innovazione alla frugalità e alla riconversione energetica e tecnologica.
- Sostenere la riduzione nell'uso di risorse, la condivisione di beni e servizi, il riutilizzo e più in generale modelli culturali e stili di vita orientati alla sobrietà e alla gioia di vivere.
- Ridurre le ineguaglianze attraverso la redistribuzione della ricchezza e delle conoscenze nei paesi del Nord, del Sud, e tra Nord e Sud.
- Rilocalizzare l'economia, riducendo la polarizzazione tra centro e periferia, tra città e campagna, e valorizzando risorse e conoscenze locali.
- Incoraggiare la ricerca transdisciplinare e le pratiche sperimentali per la transizione verso una società ecologicamente e socialmente sostenibile.

domenica 7 giugno 2009

Riflessioni prima dei risultati.

Questa è una tornata elettorale in cui la destra ha un vantaggio netto rispetto alla sinistra. Non solo lo schieramento di Berlusconi ha il vento in poppa anche se forse in queste ultime settimane si è un po’ afflosciato. È anche il punto di partenza che rende le cose difficili per la sinistra.Nel 2004 infatti le andò tutto bene. Alle europee la lista Uniti nell’Ulivo ottenne il 31,1% mentre tutta la sinistra arrivò al 46,2%. Alle comunali riuscì a conquistare 24 comuni capoluogo su 30, tra cui città importanti come Bergamo, Pavia, Padova, Bari. Alle provinciali vinse in 51 delle 60 province che allora andarono al voto (questa volta sono 62), tra cui Torino, Milano, Belluno, Cremona, Lecco, Bari. Un risultato impossibile da replicare oggi nelle condizioni in cui si trova il partito di Franceschini.
Sulla base delle simulazioni fatte utilizzando i dati delle politiche 2008 e delle alleanze 2009 è possibile che possa finire 15 a 15 nei comuni capoluogo e 25 a 37 nelle province. Come dire che, nel totale delle amministrazioni principali, si passerebbe da un 75 a 15 per il centro-sinistra a un 52 a 40 per il centro-destra. Ovviamente, esclusivamente sulla base dei dati elettorali del 2008. È praticamente certo che la sinistra manterrà quasi tutte le sue posizioni nei comuni e nelle province di Emilia, Toscana, Umbria e Marche. Ma non sarà così altrove. Nei comuni del Nord non finirà 6 a 2 come nel 2004 e nelle province non finirà 13 a 7. Al Sud il risultato fu di 6 a 3 nei comuni e 17 a 2 nelle province. Anche qui le tabelle sotto evidenziano un cambiamento significativo. Eppure anche se i numeri non saranno certamente quelli del 2004 la sinistra limiterà i danni e la delusione se riuscirà a mantenere alcune posizioni chiave, soprattutto al Nord. Oltre alla percentuale di voti che Pd e Pdl otterranno alle europee saranno i risultati di Bergamo, Padova, Milano, Bari a condizionare il giudizio complessivo su queste elezioni. Ma questo non è l’unico elemento di interesse di questa tornata elettorale.
In primo luogo si evidenzia la tenace persistenza della frammentazione partitica. Grazie alla soglia del 4% alle europee e all’esito delle ultime politiche questa antica patologia del nostro sistema politico – almeno per ora – è stata bloccata a livello nazionale. Non così invece a livello locale. Nei 30 comuni capoluogo si sono presentate in media 17 liste. A Bari sono addirittura 30. Nelle province il numero medio è 18,3. A Torino ce ne sono 34, a Cosenza arrivano a 38. C’è qualcosa che non va nella legge elettorale. È vero che sindaci e presidenti di provincia sono eletti direttamente. È vero che la loro stabilità è assicurata dalla regola per cui un eventuale voto di sfiducia da parte dei consigli porta automaticamente ad elezioni anticipate. È vero che non tutte queste liste otterranno seggi. Ma è anche vero che saranno comunque tante, troppe, a essere rappresentate nei consigli in assenza di soglie di sbarramento efficaci. E allora con questi livelli di frammentazione la stabilità degli esecutivi rischia di essere pagata a caro prezzo. Come si fa a governare efficacemente con coalizioni rissose formate da un numero così elevato di partiti?
A livello nazionale le ultime elezioni hanno portato alla formazione di due mini-coalizioni. Il governo Berlusconi è formato da due partiti (tre se si conta il Mpa). A livello locale invece continua la pratica delle maxi-coalizioni sia a destra che a sinistra. In media le coalizioni comunali di sinistra sono formate da 6,1 liste, quelle di destra da 5,3. Ma le differenze locali sono notevoli. La media nasconde situazioni assurde. A Bari sono addirittura 15 le liste che appoggiano il candidato-sindaco della destra. A livello provinciale è la stessa cosa. Le coalizioni di sinistra hanno in media 5,8 liste e quelle di destra 5,9. Ma a Salerno le liste della destra sono 17 e a Rieti 16. A Cosenza ciascuno dei due candidati principali è sostenuto da 15 liste.Il quadro complessivo delle liste permette considerazioni interessanti anche sulle alleanze. Rifondazione comunista – quella di Ferrero, non quella di Vendola – è alleata al Pd in 13 comuni su 30. L’Udc è alleata al Pdl in 10 comuni e non è mai alleata al Pd. Negli altri comuni corre da sola in attesa di decidere cosa fare eventualmente al secondo turno. Questi sono i due casi più interessanti per le loro implicazioni nazionali. Poi ci sono gli altri casi.
La Destra di Storace che è insieme al Pdl in 4 comuni. Di Pietro che corre da solo in 5 casi. La Lega che a Pesaro e Reggio Emilia ha una lista propria. Poi ci sono liste come il Nuovo Psi, che avrebbero dovuto confluire dentro il Pdl ma sono ancora vive e vegete in certe realtà locali.Ma la cosa che colpisce di più è la proliferazione di liste civiche di ogni colore. Sono sigle che servono a diversi scopi: costituirsi una rendita di posizione, fare incursioni nell’elettorato altrui, dimostrate la forza dei candidati rispetto a quella del partito. Ma il loro effetto sistemico è quello di indebolire i grandi partiti di cui invece c’è bisogno sia a livello nazionale che a livello locale per avere una vera democrazia governante.
Questo quadro è lo specchio di un paese in cui la rappresentanza politica è ancora in cerca di una ricomposizione stabile. Il sistema politico italiano non ha ancora trovato un suo punto di equilibrio. Non dipende solo dalle regole, ma senza regole tutto diventa più difficile. Perciò a livello locale, ma non solo, è necessario intervenire per correggere la legge elettorale. Ci vuole una soglia vera e ci vuole una norma che impedisca a liste-civetta di portare acqua ai candidati-sindaco e ai candidati-presidente. Le prossime elezioni forniranno una ragione in più.

venerdì 5 giugno 2009

La proposta di Aldo Loris Rossi

Aldo Loris Rossi è candidato alle elezioni europee per il Meridione nella lista Pannella-Bonino dei Radicali.
UN DECALOGO PER UNA PROSPETTIVA EURO-MEDITERRANEA
Questo decalogo tende ad individuare una “prospettiva euro-mediterranea” che promuova il ruolo geo-economico-politico dell’Italia come cerniera tra la megalopoli europea e quella mediterranea; e del Mezzogiorno, baricentro del Mediterraneo e “zona di libero scambio” (Conferenza di Barcellona, 1995), come Piattaforma Logistica Intermodale proiettata sul mare.
Questa prospettiva di medio e lungo termine scaturisce dall’esame dei problemi tutt’ora aperti esemplificati nei seguenti temi.
1. L’era post-industriale e gli squilibri euro-mediterranei.
2. L’esplosione demografica e la globalizzazione di infrastrutture, mercati e sistemi urbani.
3. La crisi ambientale incombente: l’insostenibilità del modello tardo-industriale e del “mito dello sviluppo illimitato”.
4. La dinamica demografica europea e mediterranea.
5. La rifondazione post-industriale della megalopoli europea, la diffusione del nuovo modello di sviluppo e la “green economy”.
6. Le due Italie e la “faglia tra le diverse civiltà” mediterranee.
7. Le previsioni ISTAT al 2051 del declino demografico del Mezzogiorno.
8. La pervasività del grande sistema intermodale dei trasporti euro- mediterraneo e delle reti telematiche.
9. L’Italia come cerniera tra la megalopoli europea e quella mediterranea.
10. Il Mezzogiorno baricentro del Mediterraneo quale “zona di libero scambio” e Piattaforma Logistica Intermodale proiettata sul mare.
Nel 1995 la conferenza euro-mediterranea di Barcellona ha indicato la possibilità di creare entro il 2010 una “zona di libero scambio”. Come è noto, questa prospettiva di cooperazione ha dato risultati più soddisfacenti sul piano culturale che su quello economico. Ma certamente una tale prospettiva è da considerare strategica per realizzare un dialogo continuo quanto indispensabile tra le civiltà che si affacciano sul Mediterraneo. Intanto se l’Italia svolgerà sempre più una funzione di cerniera tra la megalopoli europea e la megalopoli mediterranea, quale può essere il ruolo del Mezzogiorno in tale contesto?
In realtà questo ruolo emergerà sempre più chiaramente nella misura in cui si realizzerà la suddetta “zona di libero scambio” soprattutto attraverso la creazione di un sistema intermodale dei trasporti a scala euro mediterranea, che può divenire la forza motrice dello sviluppo del Mezzogiorno.
Infatti, mentre le altre politiche europee sono meno centralizzate, il sistema intermodale dei trasporti transnazionali, in quanto scheletro portante dell’armatura urbana della nuova Europa, deve obbedire ad una strategia unitaria e sovraordinata dello sviluppo, definita soprattutto in sede UE. D’altra parte, per misurare la potenza auto-propulsiva delle infrastrutture hard e delle
reti soft nel rivitalizzare anche aree difficili, basti considerare che esse si sviluppano in modo esponenziale perché l’era post-industriale spinge incessantemente: da un lato, verso specializzazioni sempre più diversificate; dall’altro, verso una reintegrazione interdisciplinare sempre più inclusiva. Questo doppio movimento determina una moltiplicazione continua delle reti per lo scambio e la distribuzione dei flussi di informazioni, merci e persone, garantendo una
connessione sempre più estesa e articolata della città planetaria. Questo processo di globalizzazione è irreversibile e tende a creare un cyberspace aperto, sempre più dinamico, complesso, interattivo. Pertanto la sua pervasività travolgente può essere la forza trainante del suddetto processo di rigenerazione e riequilibrio economico-territoriale dell’armatura urbana
nazionale, il quale non può che coinvolgere anche le aree difficili del Mezzogiorno.
Ma come si configurerà un tale sistema intermodale dei trasporti a scala euromediterranea?
E tale realizzazione sarà capace di vertebrare e rigenerare l’armatura urbana del Mezzogiorno rimettendo in moto l’economia delle città? In generale questo sistema intermodale tende a integrare i quattro Corridoi Trans-Europei che attraversano l’Italia, le “autostrade del mare” e le rotte trans-oceaniche che solcano il Mediterraneo facendo scalo nei grandi porti della riva sud (Tangeri, Orano, Algeri, Tunisi, Sfax, Alessandria, Damietta, Porto Said), quelli della riva
orientale (Haifa, Beirut, Latakia, Smirne) e della riva nord (Pireo, Trieste, Venezia, Gioia Tauro, Napoli, Genova, Marsiglia-Fos).
Tale sistema intermodale sarà incardinato sul Corridoio Trans-Europeo I, Berlino-Monaco-Verona-Napoli-Palermo, che svolgerà il ruolo di spina dorsale del sistema.
Infatti collegherà la megalopoli europea a quella mediterranea:
- anzitutto, potenziando la connessione della Sicilia col continente;
- poi, disimpegnando adeguatamente il grande porto di Gioia Tauro specializzato nel transhipment dei container che “ha avuto in breve tempo un formidabile decollo raggiungendo la quota di 3 milioni di container/annuo” classificato “di rilevanza internazionale” (Legge 30/98); - inoltre, incrociando i due Corridoi est-ovest, VIII, Napoli-Bari-Sofia-Varna sul Mar Nero, aperto ai mercati di Balcani, Grecia, Ucraina, e V Lisbona-Madrid- Milano-Kiev che collega la costa atlantica alla Russia;
- infine, il Corridoio ferroviario, in corso di attuazione, Parigi-Varsavia-Mosca-Pechino percorso dal Trans-Eurasia Express che collegherà il Canale della Manica al Mar Giallo cinese.
Dunque, il Corridoio I formerà la spina dorsale di un grande sistema intermodale euro-mediterraneo che investirà l’intero Mezzogiorno. Infatti, attraverserà Campania, Calabria e Sicilia, mentre due sue derivazioni: il Corridoio VIII, disimpegnerà la Puglia; e un’altra diramazione autostradale per Potenza - prolungata fino alla costa ionica, una straordinaria riserva paesaggistica e archeologica da valorizzare anche ai fini del turismo balneare - attraverserà l’intera Basilicata.
In particolare, il tratto laziale-campano del Corridoio I potrà svolgere la funzione di “asse di riequilibrio economico-territoriale” (F. Compagna, ’67) tra le due più grandi metropoli del centro-sud, Roma e Napoli, reintegrate in un super-organismo ecometropolitano pari, per peso demografico, alla “Grande Parigi” (11 milioni di abitanti), ma senza la congestione di quest’ultima.
Tale sistema bipolare comprende: - i terreni agricoli più fertili delle due regioni (agro romano, piane di Fondi e Garigliano, Terra di Lavoro, agro nocerino-sarnese, piana del Sele);
- le aree industriali più vitali;
- i “superluoghi” della grande distribuzione, dei macroservizi e della logistica;
- le attrezzature di livello superiore (Università, centri di ricerca, servizi di eccellenza).

Insomma questo asse di riequilibrio economico-territoriale potenzierà la sinergia tra attività primarie, secondarie, terziarie e quaternarie, moltiplicandone la vitalità.
Intanto tale asse forma un distretto turistico di interesse mondiale perché dotato di uno straordinario patrimonio archeologico-storico-paesaggistico, compreso tra il Tevere e il Sele corrispondente all’arcaico corridoio villanoviano, poi etrusco e al territorio della “regio prima” augustea. A tale proposito il presidente della Camera di Commercio di Roma e Provincia ha dichiarato: “nel campo turistico vedo le due città alleate per catturare i primi flussi turistici della Cina. Che colpo sarebbe un pacchetto Colosseo-San Pietro- Pompei-Capri. Parigi tremerebbe”.
Inoltre è dotato di circa 600 Km di costa balneare e altrettanti di parchi naturali montani. Queste due fasce di grande valore paesaggistico, destinate al tempo libero, possono essere raccordate all’asse di riequilibrio economico-territoriale RO-SA attraverso:
- le sette direttrici montane irpino-sannite da potenziare con aree produttive e servizi per rivitalizzare le due province interne collegate a monte da un “corridoio ecologico” coincidente con la via Minucia, Sulmona-Benevento;
- le sette direttrici marine opposte capaci di decongestionare le tre province costiere da
attrezzare con attività ricettive, balneari e porti turistici collegati alle “autostrade del mare”, beninteso, nel rispetto dei valori paesaggistici.
In merito alla mobilità, l’asse di riequilibrio RO-SA è oggi disimpegnato:
- dall’Alta Velocità in circa un’ora; - dal quarto aeroporto europeo, l’hub di Fiumicino (25 ml di
utenti l’anno) da coordinare a quello internazionale programmato per Grazzanise;
- dal più grande porto passeggeri, Napoli (9 ml); mentre tra Roma e Salerno connette sette interporti (Orte, Civitavecchia, Colleferro, Frosinone, Marcianise, Nola, Battipaglia).
Ma un tale sistema intermodale dei trasporti assumerà una scala territoriale euromediterranea
nella misura in cui sarà realizzato un interscambio diretto tra:
- la nuova Stazione dell’alta velocità di Afragola; gli interporti di Nola, Marcianise-Maddaloni,
Battipaglia;
- il porto crocieristico di Napoli;
- l’Aeroporto Internazionale di Grazzanise;
- i due Corridoi Trans-Europei I e VIII.
Tale ruolo eccezionale sarà svolto dal Grande Raccordo Anulare di Napoli, analogo a quello di Roma (23 Km di diametro), che integrato ai suddetti Corridoi si proietterà a scala euro mediterranea.
Questo significa che il Mezzogiorno, baricentro del Mediterraneo, assume il ruolo di una Piattaforma Logistica Intermodale proiettata nel mare.
La realizzazione di tale riassetto infrastrutturale attiverà due fenomeni sinergici:
- l’inquadramento terziario del territorio (maxiservizi, grande distribuzione, logistica, “superluoghi” polifunzionali);
- la riqualificazione quaternaria delle grandi città (centres de conceptione, de decisions, services rares).
Pertanto, questo processo potrà innescare una rigenerazione dell’intero patrimonio edilizio, attraverso due politiche complementari di incentivi:
- alla conservazione dei centri storici (mediante defiscalizzazione), alla salvaguardia del paesaggio e delle aree agricole da considerare “beni unici e irriproducibili”;
- alla rottamazione dell’edilizia post-bellica priva di qualità e non antisismica (mediante incentivi
volumetrici), mettendo in moto l’economia delle città.
Aldo Loris Rossi